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Le origini
Evangelos Odysseus Papathanassiou (questo il suo vero nome) nasce il 29/03/1943 a Volos, in Grecia.
Già all'età di quattro anni dimostrò di possedere una particolare predisposizione per la musica ma, nonostante i consigli dei genitori, non sentì la necessità, nè tantomeno la voglia, di affidarsi alle cure ed alla professionalità di un maestro: "Ho sempre pensato che non si dovrebbero assimilare le conoscenze altrui, perché l'esperienza e gli sviluppi personali sono ben più importanti".
Dopo aver terminato gli studi, con alcuni amici fonda una band denominata Formynx con la quale in patria ottiene un notevole successo. In un certo senso, Vangelis era stato il primo artista ad introdurre il pop nel suo paese d'origine, a tal punto che il suo gruppo musicale era diventato il più popolare. Ben presto, però, Vangelis si rese conto che in Grecia non avrebbe potuto avere quella tranquillità e libertà di espressione, comune non solo a tutti gli artisti che si considerino tali: nel 1967, il colonnello greco Giorgio Papadopoulos prese il potere con un colpo di stato, a cui fecero seguito le sollevazioni popolari del 1968. Alla luce di questi fatti, Vangelis si trasferì a Parigi dove, assieme a Demis Roussos e Lokas Sideras, costituì una nuova band denominata "Aphrodite's Child". Questo gruppo musicale ottenne subito un riconoscimento mondiale col loro primo hit internazionale, "Rain and Tears", successo che durò per i successivi tre anni in tutta Europa, ma che portò allo scioglimento del gruppo dopo il controverso parto dell'ultimo doppio album, "666", un'opera decisamente differente dai precedenti lavori, che ne accentua il carattere rock-progressive del gruppo, mista ad una vena di esoterismo (sembra che i brani siano stati concepiti sotto l'influenza di una certa Sahlep, una specie di divinità pagana, quando in realtà è una comune bevanda alcolica turca).
Gli sviluppi
Vangelis rimase in Francia giusto il tempo di registrare alcuni brani per una colonna sonora del direttore francese Frederic Rossif (tra cui "La fete sauvage") e fornendo convincenti prestazioni all' Olympia di Parigi, onde promuovere il suo primo album da solista "Earth", per l'etichetta Philips. Nel 1974 si reca a Londra nel bel mezzo di una tempesta di voci che lo vedevano in sostituzione di Rick Wakeman, tastierista degli Yes. Dopo una sperimentazione durata soltanto alcune settimane, Vangelis lascia il gruppo rock spiegando che i suoi gusti musicali erano troppo differenti e che intendeva seguire altre esplorazioni sonore; nonostante ciò, è proprio con Jon Anderson che instaura una duratura amicizia fatta di future collaborazioni.
Con la RCA ottiene un contratto e nel suo laboratorio sperimentale di Londra incide l'album "Heaven and Hell" che ottiene un ottimo successo in Europa e negli Stati Uniti. I successivi lavori contribuiscono ad accrescere l'apprezzamento per questo artista a tal punto che, nel 1982, ottiene un Oscar per la colonna sonora del film "Chariots of fire - Momenti di gloria".
Recensioni
La musica di Vangelis esplora diversi generi, dal rock al pop, dalla classica al jazz. Lo stesso Vangelis disse: "Tutto quello che cerco di fare è permettere alla gente di sapere cosa penso attraverso la mia musica. Io porto soltanto la musica e spetta a loro farne quello che desiderano". Ho preso in parola questo pensiero ed ho cercato di esprimere con parole mie, come direbbe una fortunata trasmissione radiofonica, le sensazioni provate all'ascolto di una parte della sua produzione: ovviamente, trattandosi di musica, ognuno ci troverà o ci avrà trovato altre sfumature. Buona lettura e buon ascolto.
1971: Hypothesis - Visions of the future
Registrato da Vangelis ed altri musicisti durante una jam session al London Marquee Studios, "Hypothesis" è sostanzialmente musica improvvisata con una notevole sperimentazione di jazz/fusion. Attratto dalla copertina decisamente intrigante e dal titolo che sembrava tutto un programma, l'avevo acquistato a scatola chiusa, salvo non trovarvi il tipico sound dell'artista. Un prodotto che piacerà soprattutto agli amanti del jazz, anche se la seconda parte dell'album l'ho particolarmente apprezzata, trovandovi spunti musicali davvero inquietanti e inusuali. Esaurita la jam session, è proprio "Hypothesis parte 2" che ci conduce in esplorazioni visionarie degne di un grande thriller: città vuote, sguardi persi nel vuoto, mondi pietrificati o semplici interludi. Contrariamente a quanto possa sembrare al primo ascolto, è un album intelligente, come solo il jazz e l'improvvisazione più pura riescono ad esprimere, riuscendo nel tempo a farsi riascoltare anche da chi non mastica un certo genere musicale.
Hypothesis parte 2 - (30 sec.)
1973: L'Apocalypse Des Animaux
Colonna sonora dell'omonimo film di Frederic Rossif, contiene principalmente la bellissima "La petite fille de la mer", un pezzo dalle atmosfere malinconiche e dalle indiscusse proprietà terapeutiche: rilassa, fa meditare, consente di staccare la spina dal quotidiano. Da ascoltare in momenti particolari, soli, davanti alla finestra, quando fuori piove e fa freddo e le gocce picchiano sui vetri.
La petite fille de la mer - (30 sec.)
1975: Heaven And Hell
Grande album e grande successo commerciale per questo disco che vanta la partecipazione dell' English Chamber Choir e della vocalist Vana Veroutis. Registrato al Nemo Studios di Londra, sin da subito colpisce per l'epicità dei cori dando un senso di "classic opera" all'intero album. Cori vigorosi, musica incalzante, la prima parte del disco ricorda vagamente atmosfere wagneriane, anche se la sensazione d'insieme è di assistere a gioiosi giochi d'acqua di fontane danzanti, con qualche escursione alla più classica delle riviste anni '50. Molto bello e d'amosfera "So long ago so clear" a chiusura del lato A e con la partecipazione di Jon Anderson.
La seconda parte si apre si apre come un incubo notturno, regalando un profondo senso di angoscia e l'immagine di un uomo imperlato di sudore seduto sotto un sole accecante, salvo abbandonare poco dopo quel tema per lasciare spazio ad un semplice spartiacque che introdurrà al pezzo più importante dell'intero disco, "12 O'clock". Si tratta di un brano evocativo che a me lascia immaginare l'aldilà, dove gli spiriti sono accompagnati dalla campana che richiama i frati alla preghiera, nella cappella, anche se quasi subito abbandonata da cori melodiosi, angelici e dalla magnifica voce di Vana Veroutis: un'armonia che penetra nel cuore, visionaria, cristallina, ai confini della realtà.
Heaven and Hell - (30 sec.)
So long ago so clear - (30 sec.)
12 o'clock - (30 sec.)
1976: Albedo 0.39
Uno dei più famosi album di Vangelis. Per chi non lo sapesse, il significato del titolo di questo disco è riportato nel retro della copertina: "albedo" è il potere riflettente di un astro passivo (cioè di un corpo celeste che non emette luce propria ma riflette quella di una stella). Un'albedo pari a 1 indica un corpo completamente riflettente, un albedo pari a 0 un corpo totalmente oscuro. La Terra ha un albedo del 39%, ossia 0,39.
Il "jazz rock fusion" incontra la new age ed un brano di spicco come "Alpha" è anche utilizzato da Carl Sagan per la serie televisiva "Cosmos". Decisamente più trascinante ed intrigante "Pulstar", il brano che apre il lato A del disco: un semplice refrain, un' identica frase musicale ripetuta sotto diverse luci ed arricchita da divagazioni elettroniche. Il brano finale, che dà il titolo all'album, è una tranquilla e dolce voce persa nel vuoto assoluto.
Alpha - (30 sec.)
Pulstar - (30 sec.)
1977: Spiral
Sicuramente più corposo e completo di "Albedo 0.39", questo album è maggiormente ricco di atmosfere. Si comincia con "Spiral" e la sua ventata elettrica iniziale, decisa e imperiosa, per arrivare alle sue escursioni nell'introspettivo. Si sogna con "Ballad", brano capace di rilassare tutti gli organi sensitivi, ai limiti dell'onirico, mentre "Dervish D" chiude alla grande la facciata A: carico di energia, abbandona il refrain iniziale per sbilanciarsi in un'azzardato ma efficace tema dance, degno di un balletto accompagnato da luci stroboscopiche. Il lato B contiene la suggestiva "To the unknown man", dove poche note vengono rimescolate e tradotte in armonia sinfonica. Delicata, commovente, malinconica, il tema iniziale fu ripreso dalla cantante Milva, nel 1981, con la sua famosa "Dicono di me".
Spiral - (30 sec.)
Dervish D - (30 sec.)
To the unknown man - (30 sec.)
1978: Beaubourg
Acquistato erroneamente a scatola chiusa, avrei dovuto almeno preventivamente informarmi riguardo il titolo: "Beaubourg" è il Centro Pompidou di Parigi, un famoso museo di arte moderna, nonchè centro di creazione industriale ed istituto specializzato nella sperimentazione in campo acustico e musicale.
Se cercate un disco che sia la negazione assoluta della commerciabilità e della pura melodia, ricco di strane ed inconsuete ricerche musicali, fatte di suoni, rumori, divagazioni filosofiche e smarronamenti visionari, FORSE "Beaubourg" è ciò che fa per voi. Sperimentale, essenzialmente privo di agganci a qualsiasi cosa possa chiamarsi tradizionalmente "brano", non è un condensato di effetti sonori ma bensì un tentativo inconsueto di approfondimento musicale. Per darvi un'idea, ascoltate l'inizio del film "Il pianeta delle scimmie", quello storico con Charlton Heston, quando scorrono i titoli iniziali; oppure riprovate a ricordare i rumori d'ambiente alla "2001: Odissea nello spazio", nella scena finale quando David, dopo il volo spazio/temporale, si trova in quell'ambiente bianchissimo e rivede se stesso invecchiato.
Beaubourg - (30 sec.)
1979: China
Quando l'elettronica incontra le tipiche atmosfere orientali. Prodotto originalissimo, offre una variegata mescolanza di suoni e melodie che ne fanno di fatto il "trait d'union" tra due diverse culture musicali. Si inizia con "Chung Kuo", delicata suite di apertura, per poi passare a quel piccolo grande capolavoro che è "The Tao of Love": rilassante, meditativo, capace di liberare la mente e di trascinarla in un altro tempo, un altro luogo. "The little fete" chiude il lato A, forse quanto di più dolce composto da Vangelis: dopo un flauto sussurrato, un gong introduce ad un recitato echeggiante, tra campanelli tibetani e suoni contemplativi. La seconda parte dell'album è meno evocativa e più improntata alla sperimentazione di suoni e melodie.
Chung Kuo - (30 sec.)
The Tao of Love - (30 sec.)
The little fete - (30 sec.)
1979: Opera Sauvage
Composto per l'omonimo documentario francese di Frederic Rossif, "Opera Sauvage" è una perla unica nella produzione discografica di Vangelis. "Hymne" è sicuramente il brano più famoso, sfruttatissimo dagli spot pubblicitari (vedi pasta Barilla), ma è tutto l'album nel suo insieme che trasmette un piacevolissimo impatto emotivo. Da ascoltare tutto, dall'inizio alla fine, perchè lo merita.
Hymne - (30 sec.)
1981: Chariots of fire
Ha vinto l'Oscar come migliore colonna sonora per l'omonimo e splendido film di Hugh Hudson e questo la dice tutta sulla qualità e la validità dell'opera di Vangelis. Guardare il film e sentire le musiche è tutt'uno: epiche sonorità, lirismo alle stelle, melodia allo stato puro. "Titles" è il brano di punta, conosciutissimo, e quindi vorrei soffermarmi su altri titoli del lato A: "Abraham's theme", languido e riflessivo, "Eric's theme", (da dove viene la forza per arrivare alla fine della corsa?), ancora oggi struggente e commovente, e "Jerusalem", breve pezzo cantato dal coro degli Ambrosian Singers, capace di mettere i brividi a pelle: anche se è un brano religioso, vien voglia di alzarsi in piedi e cantare con loro, a voce alta, uniti per mano, come se fossimo tutti presenti in uno stadio traboccante di folla. Il lato B è tutto dedicato a "Chariots of fire", una stupenda lunga suite che riprende in parte il tema principale di "Titles", ma in maniera dolce, raffinata, ricca di sfumature, improvvise impennate e ricadute in momenti musicali già trattati in "Eric's theme", anche se mai uguali e ripetitivi: semplicemente immenso, poichè ogni nota toccata con la mano di Vangelis è una carezza al cuore. Un brano per i malinconici, per i poeti, per i sognatori, per chi ha voglia di sentirsi ancora vivo ed ha voglia di gridarlo al mondo.
Titles - (30 sec.)
Abraham's theme - (30 sec.)
Eric's theme - (30 sec.)
Jerusalem - (30 sec.)
1982: Blade Runner
Blade Runner è un cult assoluto del cinema di fantascienza, ricco di fascino e magia, dalla storia alla splendida fotografia, alla colonna sonora ancora una volta targata Vangelis. Famosissimo "Love theme" con il suo poetico e seducente sax, semplicemente di devastante bellezza "End title": probabilmente non ci sono parole adeguate per descriverlo! Incalzante, tambureggiante, selvaggio, fatalista, pieno di pathos, lirismo, impatto emotivo, maestosità. Da ascoltare lanciati a velocità supersonica oltre le navi in fiamme al largo dei bastioni di Orione, per vedere i raggi B balenare nel buio presso le porte di Tannoide.
Love theme - (30 sec.)
End title - (30 sec.)
1983: Antarctica
Colonna sonora dell'omonimo film giapponese di Koreyoshi Kurahara, è l'ennesima riprova che Vangelis riesce a trasmettere emozioni anche se stiamo solamente osservando una slitta trainata da siberian husky. "Theme from Antarctica" è il pezzo di punta che ne descrive la gioiosa corsa tra le bianche e fredde distese: suite cadenzata e opportunamente orchestrata che viene ripresa nella parte centrale dalla successiva "Antarctica echoes", molto soft ed evocativa, che lascia trapelare tutto il fascino del silenzio bianco visto attraverso gli occhi meravigliati di un cane, assorto a contemplare il rumore del vento e le suggestive aurore boreali. Più complesso e maggiormente strutturato "Life of Antarctica", brano che sembra espandersi gradualmente come un'onda marina attraverso le nevi perenni.
Theme from Antarctica - (30 sec.)
Antarctica echoes - (30 sec.)
Life of Antarctica - (30 sec.)
1988: Direct
Come sottolinea il titolo dello stesso album, Vangelis, attraverso l'uso delle tecnologie più moderne e senza far ricorso a computer preprogrammati, arrangia e suona i brani praticamente in una sola fase, andando così oltre lo stesso concetto di incisione in diretta o dal vivo. L'album, uno dei miei preferiti in assoluto, risponde all'esigenza dell'artista di esplorare diversi aspetti della musica nella misura di un'unica opera, contrariamente ai lavori precedenti che avevano un tema principale, un'atmosfera di base ampiamente sviluppata ed articolata. Tanti singoli brani, dunque, ma uno più bello dell'altro: "The will of the wind" è il pezzo che in qualche modo introduce questo nuovo lavoro, molto semplice e ritmato ma pieno di fascino, che prende forza e vigore nella sua parte finale e che ci avvisa che tutta l'opera è caratterizzata da questa energia, senza perderne le classiche melodie. "Metallic Rain" è l'esempio calzante di questo perfetto connubio tra la forza espressiva, dirompente, e le dolci atmosfere: parte sussurrato, poi sempre più sostenuto a tal punto da far esplodere la batteria che ne sprigiona tutta la voglia di emergere, di gridare al cielo la sua gioia. Altro grande pezzo è "Elsewhere", delicato e raffinato, dolce come pochi, sicuramente di classe, che ci riporta nell'oblio, nella più completa pace dei sensi. "Glorianna (Hymn à la femme)" è un coro meraviglioso che si staglia nel cielo, sorretto dai piatti della batteria e da ventate elettriche, che fa esplodere le stelle facendone gioiosi coriandoli. "Message" è un capolavoro di una bellezza sublime: violini elettronici che si inerpicano e ci avvolgono come fantomatici boa musicali, per poi salire al cielo come fuochi d'artificio ed esplodere attraverso il suoni di piatti fragorosi.
Metallic rain - (30 sec.)
Elsewhere - (30 sec.)
Glorianna - (30 sec.)
Message - (30 sec.)
1990: The city
Ho visto le città di molti uomini ed ho imparato le loro abitudini (Odissea): questo il sottotitolo all'interno della copertina. Un album che affronta diversi generi musicali e che non è immediato al primo ascolto, sicuramente più elaborato e complesso, tanto da sembrare piuttosto indigesto a chi ha amato temi più semplici e melodici. Eppure questo disco ha un suo fascino e va gustato in silenzio, dall'inizio alla fine, sprofondati nel divano ed al buio, pronti ad intraprendere un viaggio. "Dawn" è il brano di apertura, molto dolce e rilassante, ricco di atmosfere oniriche che rimandano a paesaggi lontani, impalpabili, irraggiungibili, eppure ben delineati, fino a congiungersi con l'altro evocativo pezzo, "Morning papers", elegante e jazzato, armonioso e misterioso. "Nerve centre" è un brano rockeggiante, potente, al punto da sembrare quasi stridente con le atmosfere iniziali, accompagnato da cori vigorosi, ma non per questo meno efficace. "Side streets" chiude la facciata A e lo fa con grande classe, con una malinconica e dolce melodia sorretta da vibranti ed improvvise impennate. "Good to see you" riprende le atmosfere di apertura, seppur accentuandone la forza espressiva e con rimescolanze etnico/vocali femminili alla "Zoolook" di Jean Michelle Jarre. "Twilight" inizia con una ventata elettrica ed un breve recitato sussurrato, lasciando spazio ad un'armonia di grande presa suggestiva: immaginate una grande città e tutti i passanti fermi come un'istantanea fotografica; avvicinatevi, girateci attorno, mentre il vento spazza via le pagine di un quotidiano. Ci si ridesta con "Red lights" e le voci ironico/stridenti di un non ben identificato coro pseudo-femminile, mentre "Processions" chiude l'album nel miglior modo possibile: malinconico, struggente, misterioso, accompagnato da cori lontani, a tratti da una fisarmonica, fino ad esplodere nel finale, dove gli stessi cori si innalzano e la batteria ne segnala il vigore.
Dawn - (30 sec.)
Morning papers - (30 sec.)
Side Streets - (30 sec.)
Good to see you - (30 sec.)
Twilights - (30 sec.)
Processions - (30 sec.)
1992: 1492 - Conquest of Paradise
Grande successo commerciale per la colonna sonora dell'omonimo film e sinceramente meritato poichè ci sono delle perle indiscutibili, di valore assoluto. Si comincia con "Conquest of Paradise", vigorosa, epica, accompagnata dai straordinari cori che ne accentuano tutta la forza espressiva e quando questi lasciano temporaneamente spazio alla musica, essa esplode gioiosa come delfini danzanti tra onde spumeggianti, sprigionando al massimo tutta la sua energia. "Monastero of La Rabida" è un altro intenso momento di grande emozione: struggente, meditativa, capace di irradiare calore al primo ascolto. Il coro di "Light and shadow" infonde un grande senso di maestosità ed inquietudine, mentre "Eternity", pur nella sua breve durata, è una carezza che raggiunge l'anima. Molto aggressivo e deciso "Hispanola", sorretto da cori incalzanti a volte selvaggi, che ci trasporta direttamente in un ambiente spiccatamente esotico. "Twenty eighth parellel" riprende in mano il tema principale di "Conquest of Paradise", ma è sognante e languida.
Conquest of Paradise - (30 sec.)
Monastero of La Rabida - (30 sec.)
Light and shadow - (30 sec.)
Eternity - (30 sec.)
1995: Voices
Questo album è imperdibile per gli amanti del Vangelis più melodico in quanto contiene tre pezzi veramente evocativi. Il primo brano è quello che dà il titolo al disco e, nonostante contenga un potente coro ed una notevole orchestrazione, non è il mio preferito. "Echoes" è una lunga e monotona suite che non contiene spunti degni di nota, mentre è finalmente con "Come to me" che possiamo godere di fantastiche atmosfere: la voce di Caroline Lavelle è quasi un sussurrato che si amalgama perfettamente ad echi lontani e fantomatiche visioni notturne in foreste incontaminate. "Ask the mountains" è l'altra perla di questo album, dove si intraprende un viaggio onirico accompagnati dalla fiabesca voce di Stina Nordenstam, cristallina, pura come un diamante. Infine "Messages", dove ritroviamo le voci etniche ed i cori: un tema musicale molto semplice, che inizia come semplice "allegro" per poi esplodere pieno di gioia nel finale.
Come to me - (30 sec.)
Ask the mountains - (30 sec.)
Messages - (30 sec.)
1996: Oceanic
Anche questo è un album che va ascoltato nella sua interezza. Il suo ascolto è fonte di grande relax, risultando particolarmente efficace come sottofondo mentre si ha la mente impegnata in altre faccende o ci si vuole soltanto liberare dallo stress. "Sirens' whispering" è perfettamente rappresentato dalla foto di copertina: l'immagine che ne scaturisce è quella del nuoto sincronizzato femminile, ma con riferimento a costumi e musiche esotiche dei film degli anni '30 e '40. "Spanish harbour" contiene assoli di una splendida chitarra acustica, mentre "Fields of coral" è la vera suite di questo disco, con la quale è facile perdersi in essa, pur nella sua semplicità: mi ricorda l'oceano, calmo e piatto, con i riflessi argentei dei raggi del sole. Si sogna con "Aquatic dance" mentre "Song of the seas" chiude l'album in perfetta armonia e pacatezza, così com'era iniziato.
Sirens' whispering (30 sec.)
Fields of coral - (30 sec.)
Aquatic dance - (30 sec.)
2001: Mythodea
Opera dedicata alla spedizione della Nasa sul "pianeta rosso". "Ho composto il vocabolo Mythodea dalle parole greche Mito e Ode. Sento con certezza che esse corrispondono esattamente a quanto la Nasa sta facendo per esplorare Marte. Qualsiasi cosa noi si utilizzi come chiave di lettura per risolvere il mistero della creazione coinvolge musica, mitologia, scienze, matematica, astronomia. Tutti stiamo lavorando consciamente o inconsciamente al risolvere il mistero universale: chi siamo da dove veniamo, dove andiamo".
Di quest'album, davvero imperioso, tre sono i pezzi che mi hanno particolarmente colpito: "Movement 1", "Movement 4" e "Movement 8". Il primo sembra il giorno del giudizio universale: cori che sottolineano una svolta epocale e musica da "resa dei conti". Il secondo pezzo, che dura la bellezza di 13 minuti, è pura opera lirica: ma che vette espressive! che brividi a pelle! che celestiali visioni! Infine il terzo è più corale, ma sempre illuminato dalle splendide soprano Kathleen Battle e Jessye Norman. Se amate le emozioni allo stato puro, Mythodea ve ne offre a piene mani: semplicemente straordinario, profetico, magico, apocalittico, dotato di grande pathos.
Movement 1
Movement 4
Movement 8
Discografia principale:
1970: Sex Power
1971: Hypothesis - Visions of the future
1971: The dragon
1972: Fais Que Ton Rêve Soit Plus Long Que La Nuit
1973: Earth
1973: L'Apocalypse Des Animaux
1975: Heaven And Hell
1975: Ignacio / Entends-Tu Les Chiens Aboyer
1976: Albedo 0.39
1976: La Fete Sauvage
1977: Spiral
1978: Beaubourg
1979: China
1979: Opera Sauvage
1979: Odes
1980: Short Stories
1980: See You Later
1981: The Friends Of Mr. Cairo
1981: Chariots of fire
1982: Blade Runner
1983: Private Collection
1983: Antarctica
1984: Soil Festivities
1985: Invisible Connections
1985: Mask
1986: Rapsodies
1988: Direct
1990: The City
1991: Page of Life
1992: 1492 - Conquest of Paradise
1995: Voices
1995: Foros Timis Ston Greco (A Tribute To El Greco)
1996: Oceanic
1998: El Greco
2001: Mythodea
2004: Alexander
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