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Francis Durbridge e la RAI - Paura per Janet

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Analisi di un fenomeno in una televisione che non c'è più

di A. Scaglioni

2) "Paura per Janet" (1963)

Se la Rai poteva avere dimostrato cautele eccessive nella preparazione e nella programmazione de "La sciarpa", dobbiamo almeno riconoscere ai dirigenti dell'epoca di aver capito velocemente l'errore di valutazione fatto. L'eco del successo di quel primo sceneggiato giallo non si era ancora spenta che già l'emittente di stato ne metteva in cantiere un secondo ancora tratto da uno script televisivo di Durbridge, mentre quasi contemporaneamente veniva prodotta, dopo due anni di silenzio dalla fine di "Giallo Club", una nuova serie di telefilm con protagonista il tenente Sheridan, ma stavolta senza gioco a quiz abbinato, "Ritorna il tenente Sheridan", sei episodi autoconclusivi mandati in onda addirittura sul Programma Nazionale e di domenica in prima serata, l'orario canonico dei grandi sceneggiati, ad ulteriore testimonianza di un nuovo rispetto ed interesse da parte della dirigenza nei confronti del giallo.

Il nuovo sceneggiato di Durbridge, che in quell'estate del 1963 ancora non aveva un titolo italiano, s'intitolava nella sua versione originale, trasmessa dalla BBC nel 1957, "A Time of Day", e conteneva nella trama un elemento che avrebbe sicuramente acuito l'attenzione e alzato i livelli d'ansia del pubblico ben al di là della classica "caccia al colpevole", e cioè il rapimento di una bambina.

Nuovamente dobbiamo ricorrere alle insostituibili informazioni del Radiocorriere TV per ricostruire sia pur per sommi capi una storia di cui negli archivi Rai sembra non esserci più traccia: Janet Freeman, la figlia decenne di Clive Freeman, scienziato ricco e famoso, sparisce inspiegabilmente un giorno da scuola. Il rapimento appare subito piuttosto singolare. Infatti per molti giorni nessuno si fa vivo per chiedere un riscatto, gettando nell'angoscia il padre e la madre, Lucy, che non riescono a spiegarsene le ragioni. In realtà, la famiglia Freeman era tutt'altro che una famiglia felice anche prima della sparizione di Janet. I due coniugi, infatti, erano ormai ad un passo da un furioso divorzio, e tra le ipotesi sul movente, la polizia, nella persona dell'ispettore Kenton, non esclude possa esserci l'interesse di uno dei due genitori a sottrarre all'altro la custodia della bimba. Resterebbe da capire eventualmente chi dei due, anche se le maggiori attenzioni si appunterebbero su Clive, il padre, che andava spesso a prendere la piccola a scuola e che possiede una macchina dello stesso modello di quella con cui sarebbe stata vista allontanarsi Janet all'uscita. Tuttavia anche altri possibili moventi sono considerati con attenzione dalla polizia. Freeman infatti aveva allo studio nei suoi laboratori importanti scoperte, e in tal caso Janet avrebbe potuto essere stata rapita da un'organizzazione di spie interessata a ricattarlo per acquisire segreti da poter rivendere a delle potenze straniere (siamo ancora in tempi di piena guerra fredda). Nel suo evolversi, come ogni buon giallo che si rispetti, la vicenda si arricchirà di un paio di cadaveri che renderanno ancora più assillante la nuova domanda che il pubblico italiano si sarebbe ripetuto sintonizzandosi sul Secondo Programma ogni lunedì e giovedì alle 21,15, dal 2 Dicembre, fino al suo scioglimento tre settimane dopo, il 18 Dicembre 1963, un mercoledì però, vedremo poi perché, ad un passo dal Natale: "Chi ha rapito Janet, e che ne sarà stato di lei?"

"Paura per Janet", il titolo che la produzione italiana aveva scelto alla fine per lo sceneggiato, si adattava quindi molto bene anche allo stato d'animo dei telespettatori del bel paese, sempre pronti a commuoversi per la sorte di un bambino, e la scelta della piccola attrice che avrebbe interpretato il ruolo della bimba scomparsa venne attentamente effettuata dal regista Daniele D'Anza e dai suoi collaboratori, che indirono addirittura un concorso in tutta Italia per cercare il volto adatto per Janet. Tra le migliaia di candidate venne scelta infine la piccola Silvana Valci, che con i suoi capelli rossi e le sue efelidi, ben si adattava al ruolo di una bimbetta inglese. Intorno a lei, facevano corona Aroldo Tieri, di ritorno dopo "La sciarpa" nel ruolo del padre Clive Freeman, Valentina Fortunato, in quello della madre Lucy Freeman, Massimo Girotti, l'avvocato e amico di famiglia Lawrence Howard, e Ernesto Calindri che con i suoi baffetti e quell'aria serafica
very british, era un perfetto ispettore Kenton, con tanto di bombetta.

Lo sceneggiato venne girato come il precedente in buona parte a Roma in studio, dove vennero ricostruiti molti scorci di strade di Londra, oltre agli interni di casa Freeman, ma per la prima volta furono autorizzati anche brevi trasferte in Inghilterra per riprendere alcuni luoghi tipici della capitale britannica, come Piccadilly Circus o la Victoria Station, per dare un sapore ancora più realistico alla vicenda.

Inoltre, ormai consci dell'importanza di mantenere il segreto assoluto sulla conclusione del giallo e sull'identità del colpevole, solo il regista e i suoi più stretti collaboratori,
in primis Franca Cancogni, che aveva tradotto ed adattato anche il nuovo Durbridge, erano al corrente del contenuto delle ultime pagine del copione, mentre gli stessi protagonisti furono tenuti all'oscuro fino all'ultima puntata. Vuole la leggenda che quelle mitiche pagine finali dei tre unici copioni che contenevano l'identità del colpevole, fossero state distrutte in presenza di D'Anza perché non potessero finire in mani sbagllate. Tutte queste precauzioni che potrebbero apparire esagerate, e anche un po' ridicole, avevano una loro precisa ragione d'essere: come ho già detto, molti quotidiani e riviste di spettacolo, già con "La sciarpa", avevano intuito le potenzialità d'interesse che articoli riguardanti il nascente genere del giallo televisivo a puntate, e la conseguente ridda di ipotesi su "come sarebbe andata a finire", sapevano sollevare nei lettori, e quindi editori e redattori lanciavano i loro reporter alla caccia d'indizi d'ogni genere sui set dove si girava un nuovo giallo nella speranza di godere di ghiotte anticipazioni da gettare in pasto al proprio pubblico. Pensate cosa avrebbe potuto significare entrare in possesso delle pagine finali di un copione. Una fortuna per il giornale che ci fosse riuscito, ma una rovina per la produzione che si sarebbe vista "bruciare" il colpo di scena più atteso dagli spettatori, rischiando di minare fortemente il livello degli ascolti.

La questione causava paranoie notevoli ai dirigenti Rai che poco meno di due anni dopo avrebbero avuto modo di toccare con mano cosa voleva dire esattamente, quando per un errore di tempistica, il romanzo di Casacci e Ciambricco "La donna di fiori", tratto dall'omonimo sceneggiato giallo con il tenente Sheridan, che stava andando in onda proprio in quei giorni, uscì in edicola non la settimana dopo la trasmissione dell'ultima puntata, come previsto dagli accordi, ma la settimana prima! Il risultato fu che le edicole vennero prese d'assalto dai lettori che non vedevano l'ora di sapere chi fosse l'assassino, e la produzione perse una buona percentuale di ascolti proprio nella puntata conclusiva. Inutilmente la Rai cercò di rivalersi legalmente sulla casa editrice del libro, nel tentativo di dimostrare che l'errore era stato in realtà voluto. E l'ipotesi era tutt'altro che assurda, dato che ci voleva poco a capire che pubblicare la soluzione del giallo con una settimana d'anticipo avrebbe significato decuplicare le vendite. Purtroppo però non fu possibile dimostrare il dolo e la tv di stato si ritrovò nel classico ruolo del "becco e bastonato". C'è da stupirsi che, con il passare degli anni, i metodi "anti-spionaggio" si facessero sempre più sofisticati? E tuttavia, come vedremo, non sempre sarebbe stato sufficiente, costringendo registi e scrittori ad incredibili equilibrismi per impedire la fuga di notizie.

Ma non precorriamo i tempi, e torniamo a quel dicembre 1963 ed a "Paura per Janet". Nonostante il rilievo dato sulla stampa al giallo, certamente non inferiore a quello ricevuto dal suo predecessore, ci fu una notevole differenza nei dati sull'accoglienza del pubblico rispetto a "La sciarpa". Mentre infatti, l'indice di gradimento si mantenne stabile, guadagnando anzi un paio di punti, 82 contro 80, gli ascolti registrarono un calo piuttosto ragguardevole: circa due milioni di spettatori in meno, che rientravano sì nella media della rete cadetta, ma che risultavano tuttavia inspiegabili sulla scorta di quelli che erano stati invece i risultati ottenuti il Marzo precedente con l'altro sceneggiato dello stesso autore, sullo stesso canale e alla stessa ora. Probabilmente, "Paura per Janet" pagò l'infelice collocazione del giovedì, quando a fargli concorrenza sul Programma Nazionale, c'era "Gran Premio", quello che oggi chiameremmo un
talent-show, incentrato su un torneo regionale che aveva come protagonisti cantanti, attori, fantasisti dilettanti di ogni genere, e provenienti da tutte le regioni italiane che divisi in squadre si affrontavano ogni settimana nelle loro rispettive specialità, spalleggiati di volta in volta da famosi personaggi dello spettacolo che erano originari ciascuno di quella o di quell'altra regione e che facevano loro da padrini o madrine. Il varietà, presentato dal popolarissimo Carlo Campanini, indimenticabile spalla comica di grandi attori come Totò o Walter Chiari, era per di più abbinato alla Lotteria di Capodanno. Quanto di più nazional-popolare si potesse pensare per monopolizzare l'attenzione dello spettatore di casa nostra. Quando il giallo di Durbridge iniziò, "Gran Premio" era già in onda da settimane e si era costruito un suo pubblico numerosissimo e fedelissimo che certamente non avrebbe rinunciato a seguire e sostenere i beniamini della propria regione, specialmente nella speranza di vincere i ricchi premi che erano loro abbinati, per seguire le indagini di Calindri, e quindi questo finì per ripercuotersi negativamente sugli ascolti dello sceneggiato. All'epoca, poi, le rilevazioni di quello che si chiamava il "Servizio Opinioni", e che serviva appunto a percentualizzare il numero di spettatori ed il gradimento di ogni programma televisivo e radiofonico, arrivavano con molta più lentezza, e quindi i dirigenti Rai si resero conto solo con molto ritardo della situazione, correndo ai ripari solo all'ultima puntata che fu anticipata così al mercoledì, ma troppo tardi per risollevare in maniera evidente i dati di ascolto.

Tuttavia questa parziale debacle, non era certo da imputare alla storia di Durbridge, che aveva comunque ottenuto, come abbiamo visto, un altissimo indice di gradimento tra chi aveva seguito la vicenda, e oramai il giallo a puntate era comunque un genere "sicuro" su cui la Rai era disposta a puntare. Di lì a poco infatti, sarebbe partita la realizzazione delle prime storie di Georges Simenon con protagonista il commissario Maigret, interpretato dal grandissimo Gino Cervi, e si cominciava a pensare che anche il popolarissimo Sheridan di Ubaldo Lay, che aveva confermato con la recente nuova serie il suo successo presso il pubblico televisivo, fosse maturo per affrontare un caso poliziesco ad ampio respiro. Ma i tempi della Rai di quegli anni, priva di concorrenza e non costretta come quella degli ultimi decenni ad inseguire mode e tendenze, erano lunghi, e quest'ultimo evento, come abbiamo già visto, non si verificherà che due anni dopo, nel 1965. Mentre per assistere al ritorno di Francis Durbridge con un nuovo giallo ci vorrà ancora più tempo, quasi tre anni, ma quando avverrà sarà valso la lunga attesa.

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