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Cosmic race

Articoli

Premessa

Tutto quello che leggerete, parola per parola, è tratto da EPOCA del 1968. Si tratta di un documento importante perchè da sempre questa storica rivista si era occupata di grandi servizi giornalistici e fotografici, in particolar modo seguì con interesse, passione ed amore la grande corsa verso lo spazio, sin da quel lontano 1957, quando un satellite artificiale terrestre fu mandato in orbita intorno alla Terra: un piccolo oggetto che spalancò le porte del cosmo all'uomo.
Il testo è scorrevole, appassionante, risultando affatto datato e retorico: è soprattutto la testimonianza diretta di un periodo che fece sognare un mondo intero e che, al di là della supremazia di due mondi diversi, fece credere a tutti che l'esplorazione o la colonizzazione di nuovi mondi sarebbe stata possibile nel giro di pochi decenni. Nulla di tutto ciò è accaduto, ma in compenso abbiamo mandato sonde ad esplorare il sistema solare e possiamo scrutare le grandi profondità dello spazio.
Seguite, quindi, questo articolo perchè ne vale la pena: non troverete, oggi, pubblicazione più chiara e semplice di questa sintesi che ha il pregio di avere l'immediatezza, il candore e la purezza di quel fantastico periodo storico.

("Mio Dio...è pieno di stelle" - 2010: l'anno del contatto)

La strada dell'infinito: dal 1957 al 1968

I primi frutti della giovane scienza astronautica si videro, d'improvviso, nell'autunno del 1957, undici anni orsono: e sbalordirono il mondo. Il 04 ottobre i sovietici lanciarono lo Sputnik 1 e parve impresa meravigliosa, al limite del possibile: un oggetto terrestre era stato scagliato fuori del nostro pianeta ed era rimasto in orbita intorno ad esso, praticamente come un astro artificiale. Un mese dopo, quando fu lanciato lo Sputnik 2, e fu reso noto che pesava 500 chili, un brivido di paura percorse il mondo occidentale e sopratutto gli Stati Uniti: quell'impresa scientifica senza pari significava, almeno per gli esperti, che l'Unione Sovietica disponeva di missili vettori capaci di fornire una spinta di circa 400 mila chili, cioè di una potenza più che doppia di quelli che stavano allineandosi negli arsenali americani. Il lanciatore dello Sputnik era dunque un missile intercontinentale di spaventosa efficacia, in grado di trasportare su qualsiasi parte del globo la più grande bomba nucleare che si potesse immaginare.
Si trattò di un vero e proprio "contropiede", di un vantaggio sovietico di portata notevole sul piano del prestigio, su quello scientifico-tecnologico e, infine, su quello militare. Oggi le ragioni sono chiare: i russi non avevano propellenti misteriosi, nè formule segrete allucinanti. Avevano soltanto missili più grandi, originariamente costruiti così, a causa di una loro scelta strategica. Dopo la guerra, infatti, le armi nucleari (che i sovietici ottennero a tempo di primato) erano pesantissime e ingombranti. Gli americani avevano affidato il loro trasporto sugli obiettivi all'aviazione a grande raggio, mentre i sovietici, che tale aviazione non possedevano, pensarono subito ai missili: s'intende a missili di caratteristiche per allora enormi. Per questo i primi anni della storia astronautica ebbero quasi in ogni campo il marchio della primizia sovietica, culminata col lancio in orbita terrestre di Yuri Gagarin, l'uomo che ha aperto la via dello spazio a bordo di un'astronave da 4.000 chili, il 12/04/1961. Come sempre nella sua storia, il colosso americano si svegliò mentre stava per essere battuto, o meglio, perchè si trovava in seria difficoltà. La mobilitazione scientifica fu impressionante, le migliori risorse del Paese furono messe a disposizione dell'astronautica secondo un piano di recupero che guardava lontano, finalmente coerente e globale, Non solo era previsto un incremento continuo delle potenze di spinta dei razzi per compiere imprese sempre più sensazionali, ma, e forse soprattutto, si voleva arrivare ad un incremento delle conoscenze scientifiche dello spazio, le sole che avrebbero reso alla distanza. Quando andò in orbita John Glenn, il primo americano, a bordo di una capsula Mercury da 1.125 chili, (l'astronauta era letteralmente inscatolato nella minuscola navicella), il russo Titov aveva già volato per 17 orbite. Quando fu lanciata la prima biposto Gemini, i russi avevano già volato in tre sull'enorme Voskod 1 e Alexei Leonov, secondo di bordo della Vokstod 2, aveva già compiuto la prima passeggiata spaziale, cioè la prima uscita dalla capsula nel vuoto cosmico, sia pure per dieci minuti soltanto. E oltre che nel campo dei voli umani (senz'altro quelli che colpiscono di più l'opinione pubblica) il predominio sovietico si era arricchito di fantastiche primizie: Luna 1 (1959) aveva superato la barriera dell'attrazione terrestre raggiungendo la seconda velocità cosmica; Luna 2 (1959) aveva toccato la Luna; Mars 1 aveva navigato verso il pianeta misterioso. Ma tutto ciò non fece che esaltare la capacità di recupero americana.
La mole di lavoro effettuata nei vari campi della ricerca (e della pratica) astronautica, la messa a punto di raffinatissime tecniche di calcolo elettronico, la miniaturizzazione degli strumenti e delle attrezzature resa necessaria dalla minore spinta dei missili, la caparbia volontà di riuscire, fecero in modo che già nel 1965 gli Stati Uniti segnassero un punto decisivo a loro vantaggio, dimostrando di poter manovrare in orbita le loro capsule, così bene che le Gemini 6 e 7 stabilirono il primo rendez-vous, o appuntamento, spaziale. Fu un evento memorabile, perchè esso era alla base di ogni futuro progresso: si trattava veramente di un passaggio obbligato da varcare. Così pure, nel 1966, quando la capsula Gemini 10 agganciò il missile Agena lanciato in precedenza su un'altra orbita, fu chiaro a tutti che ogni complesso di inferiorità era stato superato.
Alla fine del 1967, in soli sei anni e mezzo dallo straordinario volo di Yuri Gagarin, l'astronautica ha gettato quasi tutte le basi per la conquista della Luna. Si è passati dalla fase inerte (cioè dall'uomo che sta nella capsula più o meno come un bagaglio o una cavia) a quella attiva. Adesso gli equipaggi decidono e provvedono, manovrano e dirigono: le loro astronavi sono in grado di passare da un'orbita all'altra, di centrare con assoluta precisione un oggetto che navighi nello spazio per conto proprio. E nello stesso tempo, dai primissimi ordigni scagliati in orbita come proiettili, si è passati alla meravigliosa impresa delle sonde automatiche che raggiungono la Luna, vi scendono dolcemente, analizzano il suolo, addirittura grattandolo con una pala automatica, com'è capace di fare il Surveyor americano. Le tecniche di trasmissione delle immagini progrediscono prodigiosamente, così che possiamo conoscere anche la faccia nascosta della Luna e vedere la Terra, tutta la terra, racchiusa in un unico perfettissimo fotogramma a colori, teletrasmesso da 37.000 chilometri di distanza.
Mentre i satelliti (americani e russi) partono per lo spazio, quasi incessantemente, per ampliare le conoscenze di base sui fenomeni del cosmo, sulle sue caratteristiche, sui suoi pericoli, sui suoi umori, si sviluppa un'astronautica minore (ma forse è meglio definirla meno spettacolare) della quale tutti noi godiamo i frutti diretti. I satelliti ripetitori, minuscole stazioni radiotelevisive ancorate nello spazio, ci permettono di vedere in presa diretta l'incontro di pugilato, le Olimpiadi, i grandi fatti di cronaca dovunque si svolgano. La meteorologia fa progressi prima inconcepibili, perchè adesso speciali satelliti possono conoscere "che tempo fa" su enormi porzioni del globo, contemporaneamente.
Si arriva così al 1968, e a queste radiose giornate di legittima esaltazione delle capacità umane: non senza lutti e dolore, come quando Grissom, White e Chaffee bruciarono vivi nella capsula Apollo durante una missione simulata, e come quando il sovietico Komarov morì nello spazio a bordo della prima astronave Soiuz, rivale, per grandezza almeno, della triposto americana.
L'impresa lunare che si è appena conclusa è stata resa possibile dal perfetto funzionamento di un missile gigantesco, il Saturno 5: le sei tonnellate della capsula rientrate sulla Terra sono però tutto quanto è rimasto di 3.000 tonnellate di apparecchiature e di propellente partito dal Centro Spaziale Kennedy. Il dispendio è ancora enorme e difficilmente si potrà andare più in là della Luna seguendo questa strada. I sovietici possiedono un missile poco più potente del Saturno 1 americano e "si dice" che ne abbiano pronto uno uguale o leggermente superiore al Saturno 5. Ma è certo che ambedue i contendenti, effettuata che abbiano la conquista della Luna, si preparano a cambiare metodi. Sta dunque chiudendosi la prima generazione astronautica, quella in cui tutto parte da Terra: per la prossima, diretta all'esplorazione umana dei pianeti, sono in progetto altri motori e altre navi cosmiche, capaci di prendere il volo non più dai nostri cosmodromi, ma da stazioni orbitanti. Ed è possibile costruirle, almeno in via teorica per adesso, soltanto perchè ci sono già stati degli uomini capaci di superare in brevissimo tempo tre tappe fondamentali: l'arrivo in orbita, la manovra e la congiunzione di astronavi, la fuga, a 11 chilometri al secondo, da quella prigione invisibile che è la forza di gravità del nostro pianeta.
Il resto, tutto il resto, è solamente un indispensabile corollario, anche se affascinante, meraviglioso e a volte appena credibile, malgrado sia apparso sui teleschermi domestici quasi ogni sera della storica settimana in cui si è svolta la missione Apollo.

Yuri Gagarin, l'uomo delle stelle, racconta la sua avventura

Parte prima
Unica incognita: chi sarebbe stato il primo cosmonauta


I miei anni di studio alla scuola aeronautica di Orenburg coincisero con l'inizio dei successi sovietici nella conquista dello spazio. Dopo il lancio del primo Sputnik, si discuteva per stabilire chi sarebbe stato il primo uomo a partire per il cosmo: uno scienziato, un ingegnere, un medico, un biologo, un sommorzatore, un pilota collaudatore? Ciascuno di noi si sforzava di disegnare la futura astronave. Io stesso ho cercato di abbozzarla sulla pagina di un quaderno. Ma quel disegno somigliava ben poco alla nave cosmica da bordo della quale, quattro anni dopo, mi sarebbe toccato di vedere la Terra da un'altezza di trecento chilometri!
La notizia del lancio del secondo Sputnik, il 03/11/1957, mi riempì di stupore. A bordo c'era la cagnetta Laika. Allora mi dissi: "Se si è potuto lanciare nello spazio un essere vivente, perchè non si potrebbe fare altrettanto con un uomo?". Quello fu il mio primo pensiero. Subito dopo arrivò il secondo: "Perchè non potrei essere io quell'uomo?".
Dopo il lancio del razzo cosmico russo, che aveva fotografato la parte ancora sconosciuta della Luna, compresi che non c'era più tempo per stare a pensare e che bisognava agire senza indugio. Pochi giorni dopo, chiesi di essere ammesso nella squadra dei candidati cosmonauti. Alla vigilia del venticinquesimo compleanno facevo già parte della più fantastica squadra del mondo. Erano con me Gherman Titov, Andrian Nikolaiev e Pavel Popovic.
Nel giugno del 1960 vidi per la prima volta la mia nave spaziale e appresi che il primo volo si sarebbe limitato a un solo giro intorno alla Terra. L'astronave piacque immediatamente ai miei compagni e a me. E' vero, però, che mi venne la pelle d'oca quando il suo costruttore ci parlò della temperatura a cui sarebbe stata sottoposta la sua superficie esterna nella fase di rientro negli strati densi dell'atmosfera. "La temperatura salirà a più di un migliaio di gradi", egli spiegò. Tornammo tranquilli solo quando il tecnico ci mostrò il rivestimento protettivo antitermico della superficie esterna della nave e della cabina del pilota, che assicurava un ritorno a terra senza rischi. La nave cosmica è concepita in modo che il pilota possa guidarla durante il volo, e la cabina è dotata di vari apparecchi, e mezzi di protezione e di salvataggio. Essi sono così numerosi che il peso dell'uomo a bordo non rappresenta che il 2% rispetto al peso dell'astronave, che è di 4.725 chili.
La nave cosmica è collocata in cima a un potente razzo vettore pluristadio. L'ultimo stadio si distacca dopo la messa in orbita. L'apparato motore del razzo comprende sei reattori a carburante per una potenza complessiva di 20 milioni di cavalli. Il sistema pluristadio ha consentito di risolvere un grosso problema, quello di ridurre le accelerazioni che il cosmonauta subisce al momento della messa in orbita. Queste accelerazioni sono di notevole entità e ricordano, grosso modo, gli aumenti di peso che provavo compiendo acrobazie aeree su caccia a reazione. Gli scienziati hanno dovuto prolungare la durata della fase della messa in orbita della nave cosmica per ridurre tali accelerazioni ad una misura tollerabile.
Dunque, quando la nostra squadra di cosmonauti arrivò alla base, tutto era più o meno chiaro. Unica incognita: chi sarebbe stato il primo cosmonauta. Da quel momento la nostra preparazione sul piano tecnico si svolse in due direzioni: un severo allenamento fisico per addestrarci a tutte le principali fasi del volo e una formazione teorica che ci consentisse di analizzare ed apprezzare nel giusto valore ciò che avremmo visto nello spazio e provato all'interno della capsula. Nel gruppo regnava un cameratismo fraterno. Sapevamo di essere destinati, tutti indistintamente, a essere "il primo". Ciascuno di noi sarebbe stato primo in qualche cosa: uno nel fare il giro della Terra, l'altro a compiere più giri da solo o in gruppo attorno al nostro pianeta, l'altro nell'arrivare sulla Luna.
Furono utilissimi alla nostra preparazione i quotidiani contatti con medici e tecnici, soprattutto con il creatore della nave cosmica. Migliaia di cose da imparare. Tornavo a casa morto di fatica. Ma la stanchezza spariva d'incanto quanto mi mettevo a giocare con la mia bambina. Alla fine del dicembre 1960 si poteva già prevedere che io sarei stato il cosmonauta numero uno. Poco prima del volo, la squadra apprese ufficialmente che ero stato designato io per quel compito. Proprio allora la mia famiglia aumentò: il 07/03/1961 nacque la seconda figlia, Galotchka. Appena i miei superiori decisero che avrei volato nel cosmo, ne misi al corrente mia moglie Valia. Dall'espressione del suo viso, che si fece immediatamente seria ed attenta, dallo sguardo, dal fremito delle labbra e dalla voce alterata compresi che era fiera del mio incarico e che aveva anche paura, ma non voleva aggiungere un'altra preoccupazione alle tante che già avevo. Se dico che prima del volo non ho provato neppure un attimo di panico, nessuno mi crederà. Eppure è stato così. Alla vigilia della partenza in aereo per il cosmodromo di Baikonur, da dove avrei preso il "via" per lo spazio, mi sentii attratto verso gli uomini e i luoghi sacri ad ogni russo.

Parte seconda
Di colpo resto solo, lanciato in un'avventura fantastica


Fino all' 11 aprile, giorno precedente l'impresa, continuai a studiare con Titov, mio eventuale sostituto, il grafico del volo. Perfezionai la conoscenza di tutte le fasi della missione, rivedendole minuziosamente nei particolari. Il costruttore della nave ed un eminente scienziato ci aiutarono nell'ultima preparazione. Dovevamo abituarci anche alla "cucina spaziale", ai saporiti e sostanziosi alimenti di cui ci saremmo nutriti nel cosmo. Dallo studio del programma di volo avevamo appreso che la nave spaziale avrebbe raggiunto l'altezza massima di circa 300 chilometri. L'altezza minima della traiettoria doveva essere di 180 chilometri. I tecnici ci chiesero di scegliere, per l'atterraggio, fra due sistemi: essere comandati automaticamente da terra oppure agire con i nostri mezzi. Nell'ultimo caso, il cosmonauta avrebbe dovuto stabilire con esattezza, servendosi degli strumenti di bordo, la posizione dell'astronave lanciata a tutta velocità.
L' 11 aprile fu per me e per Gherman Titov una giornata di riposo totale. Nella casetta dove eravamo alloggiati risuonava una dolce musica. Non parlavamo del volo. Me ne andai a letto alle nove di sera. Dormivo pesantemente quando alle cinque e mezzo il medico mi svegliò. Anche Gherman si alzò. Canticchiava un motivetto buffo che avevamo composto noi stessi. I medici provvidero a controllare le nostre condizioni. Era tutto normale. Allora rivestii lo scafandro e lo verificai accuratamente. Alcuni specialisti, fra cui l'istruttore paracadutista Nikolai Konstantinovic, parteciparono a questa complicata operazione. Venne anche il costruttore della nave spaziale, che si prodigava nel farci nuove raccomandazioni. Fu in questo momento che mi chiesero i primi autografi della mia vita. I compagni mi aiutarono a sedermi nell'abitacolo dell'astronave. Finalmente restai solo con gli strumenti, rischiarati da una luce artificiale, Da quel momento avrei mantenuto il contatto col mondo esterno solo via radio.
La preparazione alla partenza cominciò alle 08:07. L'attesa durò un'ora. Gli amici mi aiutarono a passare quel tempo organizzando per me una piccola trasmissione musicale che mi fece dimenticare di essere ormai solo al mondo, lanciato in un'avventura fantastica.
Finalmente, il direttore di volo ordinò: "Partenza!"

Parte terza
Attraverso gli oblò vedo le fiamme causate dall'attrito

I motori del razzo vettore furono accesi alle 09:07 precise. Cominciai subito ad accorgermi che l'accelerazione cresceva. Una forza irresistibile mi teneva inchiodato al sedile. Nel muovere braccia e gambe provavo una sensazione di dolore. Nonostante ciò l'accelerazione era pur sempre inferiore a quella che ci avevano insegnato a sopportare durante le sedute di allenamento. Anche le vibrazioni erano meno intense. Il razzo aveva ormai attraversato gli strati densi dell'atmosfera e l'ogiva terminale si staccò automaticamente da esso. Fu così che potei scorgere per la prima volta la Terra.
Durante il volo non mi sono mai sentito solo. La radio mi teneva legato al mio Paese con un filo vitale, invisibile. Nello spazio potevo lavorare, ricevere ordini. trasmettere quasi senza interruzione informazioni sul funzionamento di tutti gli apparecchi.
Tutto avvenne secondo i piani prestabiliti fino al momento della discesa, a parte un piccolo incidente. Stavo scrivendo degli appunti quando mi interruppi per mangiare e bere, secondo il programma. Posai per un attimo la matita di cui mi ero servito per scrivere e, sotto i miei occhi, questa si mise a galleggiare nell'aria all'interno della capsula, insieme con la tavoletta di legno su cui avevo deposto i fogli. Il cordone che li teneva uniti si spezzò bruscamente. La matita andò a finire sotto la mia poltrona. Non riuscii più a rintracciarla. Fui costretto a trasmettere le mie osservazioni per radio e ad inciderle sul registratore di bordo.
Cominciai a prepararmi all'atterraggio alle 10:06, mentre la navicella Vostok sorvolava il Congo. Il dispositivo di frenatura entrò in azione automaticamente alle 10:25. La velocità diminuì per qualche tempo ad alcune centinaia di metri al secondo. La nave rientrò negli strati densi dell'atmosfera: attraverso gli schermi protettivi degli oblò vedevo lo spaventoso riflesso delle fiamme originate dall'attrito. Lo stato di imponderabilità e la decelerazione mi schiacciò al sedile. Il sovrappeso aumentò gradualmente fino a diventare più forte che al momento del decollo. Poi cominciò a diminuire.
Alle 10:55, esattamente 108 minuti dopo il lancio, la Vostok si posò senza incidenti nel campo di un "colcos" dal nome simbolico, Leninski Put (la via di Lenin), vicino al villaggio di Smielkova. Atterrò a qualche dozzina di metri da un profondo fossato nel quale mormoravano le acque di primavera. Il satellite si era tutto annerito, era stato scalfito dal fuoco, la superficie si era scaldata terribilmente durante il rientro negli strati densi dell'atmosfera. Ma proprio per questo mi parve ancora più bello di quanto fosse prima del volo.

(Yuri Gagarin)

Le principali tappe della corsa allo spazio

10/1957 - URSS - Sputnik 1 - Primo oggetto artificiale scagliato nello spazio.
11/1957 - URSS - Sputnik 2 - Porta in orbita terrestre il primo essere vivente, la cagnetta Laika
01/1958 - USA - Explorer 1 - Primo satellite americano che ha anche il merito di scoprire le cinture radioattive di Van Allen
09/1959 - URSS - Luna 2 - Primo oggetto terrestre a raggiungere la Luna, sulla quale andò a schiantarsi
04/1960 - USA - Tiros 1 - Primo satellite meteorologico
04/1960 - USA - Transit 1 - Primo satellite per il controllo della navigazione marittima e aerea
08/1960 - USA - Echo 1 - Primo satellite per rilanciare onde radio
08/1960 - URSS - Sputnik 5 - Porta in orbita, e poi felicemente sulla Terra, i primi esseri viventi, i cani Bielka e Streilka
04/1961 - URSS - Vostok 1 - Primo volo orbitale umano con Yuri Gagarin
02/1962 - USA - Mercury 6 - Primo volo orbitale di un americano, l'astronauta John Glen
08/1962 - URSS - Vostok 3 e 4 - Primo volo spaziale di due astronavi in "formazione", con i cosmonauti Nikolaiev e Popovic
08/1962 - USA - Mariner 2 - Vola in direzione di Venere e trasmette dati sull'atmosfera venusiana
06/1963 - URSS - Vostok 6 - Porta nello spazio, per 48 orbite, Valentina Tereskova, la prima astronauta
07/1964 - USA - Ranger 7 - Trasmette le prime foto da breve distanza della superficie lunare
03/1965 - URSS - Voskod 2 - Per la prima volta un uomo esce dalla capsula e "nuota" nello spazio (Alexei Leonov)
12/1965 - USA - Gemini 6 e 7 - primo rendez-vous spaziale
01/1966 - URSS - Primo atterraggio morbido di un oggetto sulla Luna
03/1966 - USA - Gemini 8 - Primo congiungimento fisico di un cosmonave pilotata con un "bersaglio" (missile Agena)
08/1967 - USA - Lunar Orbiter - Primo satellite artificiale della Luna
04/1968 - USA - Surveyor 3 - Prima analisi del suolo lunare per mezzo di satelliti
09/1968 - URSS - Zond 5 e 6 - Primo giro in orbita intorno alla Luna, con ritorno a Terra.
12/1968 - USA - Apollo 8 - Prime orbite lunari effettuate con un equipaggio, prima "fuga" di una capsula abitata dall'attrazione terrestre.


Le foto delle copertine di Epoca

Epoca - 1
12/04/1961: a bordo della Vostok I, il russo Yuri Gagarin compie la prima orbita circumterrestre della stroia. la sua impresa dura un'ora e 48 minuti e suscita in tutto il mondo una commozione immensa. E' cominciata l'era spaziale: all'umanità si dischiudono le porte del cosmo.

Epoca - 2
Dopo i brevi voli suborbitali compiuti dagli americani Alan Shepard (05/05/1961) e Virgil Grissom (21/07/1961), i russi stabiliscono un altro primato cosmico: la mattina del 06/08/1961, il maggiore Gherman Titov decolla con la Vostok 2 e rimane in orbita per oltre venticinque ore.

Epoca - 3
John Glenn è il primo astronauta americano a compiere un volo orbitale e il primo a descrivere nei più minuti particolari il suo viaggio attorno alla Terra. "In poco meno di cinque ore", scriverà egli al ritorno, "ho visto quattro tramonti del Sole e le stelle brillare anche in pieno giorno".

Epoca - 4
Questa stupefacente immagine mostra il tramonto del Sole visto dallo spazio. Essa è stata scattata il 24/05/1962 da Scott Carpenter durante la sua prima orbita, mentre correva nel cosmo alla velocità di 28.000 chilometri orari. La curva della Terra è segnata da una striscia iridescente.

Epoca - 5
Il 12/08/1962 due uomini, a bordo di due Vostok, si parlano per radio girando a poca distanza l'uno dall'altro in orbite parallele. Sono i cosmonauti sovietici Andrian Nicolaiev e Pavel Popovic, protagonisti di un fantastico appuntamento spaziale preparato segretamente da molti mesi.

Epoca - 6
Gordon Cooper, il decimo uomo dello spazio, scatta una serie di stupende fotografie a colori. Questa, ripresa da 200 chilometri di altezza, mostra le montagne dell'Himalaya, le valli e i solchi fra i ghiacciai. "Una visione affascinate", dirà Cooper, "superiore a qualsiasi immaginazione".

Epoca - 7
Alexai Leonov ha realizzato un altro fantastico primato. Il 18/03/1965, volando in orbita alla velocità di 28.000 chilometri all'ora, il pilota russo è uscito dalla sua navicella (la Voskod 2) e per dieci minuti è rimasto in volo libero nel vuoto, collegato all'astronave da un lungo cavo.

Epoca - 8
Circa due mesi e mezzo dopo Leonov, tocca all'americano Edward White (che vola in coppia con James McDivitt) "passeggiare" nello spazio. Per oltre venti minuti egli galleggia senza peso nel cosmo, compiendo una serie di spostamenti comandati con un propulsore individuale a razzo.

Epoca - 9
Il volo di Gondor Cooper e Charles Conrad, iniziato il 21/08/1965, dura circa 191 ore ed è il più lungo e rischioso mai tentato finora. I cosmonauti vivono momenti drammatici (le cellule per la produzione dell'energia elettrica si guastano) e scattano fotografie di incredibile nitidezza.

Epoca - 10
Il missile Agena sta per essere agganciato dalla Gemini 8 di Neil Armstrong e David Scott. E' il 16/03/1966 e tra pochi istanti comincerà la più paurosa avventura dello spazio: la navicella prenderà a girare al ritmo di una rotazione al secondo, tanto da mettere in pericolo la vita dei piloti.

Epoca - 11
Durante la missione Gemini 9, il 03/06/1966, l'astronauta Eugene Cernan (Thomas Stafford è il comandante), compie una lunga uscita dalla capsula. Dopo 72 minuti di permanenza nel vuoto cosmico ha una grave alterazione cardiaca, causata dallo sforzo e da un difetto della tuta.

Epoca - 12
12/09/1966: da bordo della Gemini 11, Charles Conrad (il comandante) e Richard Gordon (il secondo) scattano eccezionali fotgrafie a colori della superficie terrestre. I questa missione la capsula raggiunge i 1.362 chilometri, una distanza mai toccata fino ad allora dai veicoli pilotati.

Epoca - 13
12/1968: Apollo 8 ed il suo equipaggio entrano in orbita lunare e scattano straordinarie immagini. Orrida e desolata, fantastica e sconvolgente: ecco la Luna. E' un mondo morto, dal suolo tormentato e rugoso, scavato da cicatrici antiche come il tempo.


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