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Ciao Mino

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CIAO MINO
Sono Tonino Gitano, vorrei ricordarti dal profondo del cuore e senza peli sulla lingua, come faccio di solito.

Novembre 2008

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"Ciao Mino, sono Tonino. Come stai, ti sento meglio oggi. Ti ho telefonato per dirti che sto portando avanti quel progetto di cui ti parlavo nel mese di agosto"

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"Ciao Tonino, sono da poco tornato dall’ospedale, stiamo facendo tutte le cure necessarie, ma io ho un aiuto speciale quello della Madonna. Non vedo l’ora di tornare sul palco e venire a cantare dalle tue parti. Quel progetto RocKettaro che stai portando avanti è una cosa molto originale, ma non dimenticarti di inserirci “una chitarra e cento illusioni” è una di quelle che si adatta di più …tu sei uno forte, hai le tonalità alte alla Brian Adams, lo sai io lo conosco Brian Adams sono stato a casa sua quando sono andato a fare la tournéé in Canadà…hai letto i giornali? L’altro giorno hanno fatto la classifica dei primi dieci cantanti del mondo ed io ero tra i dieci…Comunque quando i pezzi sono pronti fammeli sentire che parlerò con un discografico forte, tu però sta con i piedi per terra come sei sempre stato che sai benissimo che la discografia oggi non naviga in buone acque"

Questo era agli inizi di novembre 2008

Caro Mino

Caro Mino, eri felicissimo sul mio progetto. Alcune tue canzoni, quelle dei tuoi primi tempi, quelle davvero belle, quelle della tua vena genuina da cantautore, le sto riarrangiando in chiave Rock.
Avevamo fissato un appuntamento telefonico per gli inizi di Gennaio 2009, ti telefonavo e rispondeva sempre la segreteria, la tua voce:
"lasciate un messaggio e vi richiameremo al più presto…"
Telefonai l’atra sera e c’era sempre la segreteria accesa. Telefonai a tuo fratello Gegè, il telefono era spento. Poi telefonai all’altro tuo fratello Antonio e…fu lui a dirmi che non c’eri più. Ritelefonai al tuo numero, il classico 337… quello di sempre, per sentire ancora la tua voce…la sentii.. ma tu non c’èri più e lasciai un messaggio:
"non ti dimenticherò mai "

Fu l’ultimo di una lunga serie… la casella non ne poteva piu contenere di messaggi, te ne arrivarono da tutto il mondo anche dagli “ipocriti” scommetto!
Caro Mino, il giorno dopo i “giannizzeri” come li chiamavi tu, saltarono da una televisione all’altra per dire che tutti erano tuoi amici, quei personaggi che fanno di tutto per una briciola di passaggio televisivo in prossimità di Sanremo. Non a caso a “porta a porta” c’erano due personaggi che faranno Sanremo.
Oggi sei un carrozzone vincente per tanti, ma solo per farsi pubblicità. Per me, vincente lo sei sempre stato. Sul mio libro "L’Inkazzautore", scritto cinque anni fa, ho parlato e sparlato attaccando anche me stesso, ma di te ho sempre parlato bene, dicevo a tutti che eri un grande musicista con una voce bellissima.
Consentimi Mino di dire quello che alcuni dicevano sempre su di te e che adesso ti vogliono bene. Tu lo sapevi, ma l’educazione era il tuo fiore all’occhiello, ci passavi sopra ma lo facevi tristemente…l’unica tua cattiveria eradi chiamarli
“giannizzeri”, e “chi parla assai filo non vende”; infatti quelli che sparlavano di te erano coloro che non hanno venduto neanche l’un per cento dei tuoi milioni di dischi venduti in tutto il mondo.

Era il 16 settembre del 1975, facevo la finale di Castrocaro.
Festival importantissimo all’epoca e che tu avevi fatto nel 1967. Ero su Rai uno, in bianco e nero. Ogni cantante aveva un padrino e una madrina. La mia madrina fu Laura Antonelli e il padrino fosti tu…ricordi quando mi dicesti
“scommetto che tutta la provincia di Benevento ti sta guardando”, poi mi dicesti che a Benevento avevi partecipato ad uno dei primi festival e che conoscevi un certo Antonio Esposito.
Quella sera come ospiti insieme a te ci furono Drupi e Sandro Giacobbe che andavano fortissimo, tu invece anche essendo nato prima artisticamente, per colpa di Battisti, (che aveva scritto per te la canzone per il tuo primo Sanremo) incominciavi a perdere qualche colpo come tutti quelli degli anni sessanta che erano stati forti. Morandi già era sepolto, Ranieri pure…tutti spazzati dall’uragano Battisti che aveva in hit parade almeno dieci canzoni una dietro l’altra.
Quella sera mi lasciasti il telefono di tuo fratello Gegè che aveva messo su una casa discografica.
Qualche anno dopo sono venuto a vederti ad un concerto a Montesarchio, fu bellissimo, sul palco eri una potenza. Nel 1987, quando venni a Milano per bussare, mi ricordai di Gegè e così venni ad Agrate Brianza, gli feci ascoltare alcuni pezzi che mi aveva arrangiato Angelo Cioffi.
Quando ascoltò “Gitana” subito ti chiamò al telefono e ti informò sulle mie canzoni. La figlia di Gegè, Mariella, disse che dovevo continuare a fare pezzi sul quel genere folk–rock perchè sarebbe stata una novità. Mi volevi conoscere e mi invitasti al concerto di Luogosano in provincia di Avellino, poi mi invitasti ancora e in alcuni concerti cantai insieme a te. Mariella era fidanza con un certo Ricki Bolognesi, un musicista di Lecco che accompagnava alle tastiere Eros Ramazzotti e lo diceva e lo sottolineava sempre…era un leghista che a te non troppo era simpatico. Ricki volle presentarsi alle selezioni di Sanremo ‘88 facendo coppia con me. Ci presentammo col nome di Corleone. Il pezzo si chiamava “Suona suona”. Ti arrabbiasti con tuo fratello e volevi sapere di chi era stata la trovata e l’idea di chiamarci Corleone. Povero Gegè, Ricki gli fece spendere cinque milioni solo per il mixaggio, fatto in una sala di registrazione di Cuneo, perché era convinto che nella tua sala non ci fosse un tecnico del suono in gamba. Arrivammo in semifinale e ci scartarono.

Caro Mino, mi chiamasti una sera a casa, quasi piangevi e mi dicesti che ci dovevo tentare nell’89 ma con “Gitana” e da solo. Cosi fu: Gegè, che era sempre restio a dare le edizioni ad altri, fece una coedizione con la BMG, "Gitana" diventò “Pelle di luna”. Tu caro Mino mi suggeristi qualcosa nell’impostazione dei nuovi arrangiamenti ed io capii subito, ma tu come un ragazzino alle prime armi avevi vergogna a chiedermi di mettere una firma, non sapevi come farmene accorgere e cosi fui io a dirti che “Pelle di luna” potevi firmarla come compositore. Per me era un vanto, avevi firmato pezzi per Mina, Ornella Vanoni. Poi volle firmare anche Gegè, Mariella la figlia ed una sera in sala dicesti a tuo fratello in calabrese ma io capii
“Gegè perché non fai firmare pure a Bero u cane ca tieni”.
Andai a Sanremo, quindici giorni prima, rimanesti ad Agrate, perché non ti sentivi bene, quanti consigli, ma la cosa che mi raccomandavi di più era di comportarmi da umile, mai da arrivato, di fare attenzione ai critici musicali, perche sono quasi tutti ex musicisti, falliti e con il dente avvelenato, hanno la puzza sotto il naso e alcuni di loro si fanno pagare le recensioni dalle case discografiche Major. A quel festival venne anche tua nipote Mariella con il suo fidanzato leghista, io non li sopportavo.
Una sera a telefono ti sei accorto che qualcosa non andava in me. Ero a Sanremo, coronavo un sogno di una vita ed ero triste. Poi telefonasti a tuo fratello e da quella volta quei due non si interessarono più a me.

Ti ringrazio ancora Mino, per tutte quelle apparizioni che mi procuravi. Alzavi il telefono, parlavi con Seymandi e mi davi "Superclassifica Show", poi con Rispoli per "Argento e Oro", per "Domenica in" e tante altre; parlavi con Rossana Mani, la direttrice di "Sorrisi e canzoni", una tua grande amica e mi facevi avanzare in classifica di qualche posizione. Sei rimasto dispiaciuto quando un tuo amico cantante chiese tanti soldi per farmi fare un tour da lui organizzato e che ci avrebbe portato in venti piazze italiane, ogni serata c’èra Rai Uno. Quante serate insieme, ti ricordi quella di Monterotondo? Era la sagra del pecorino e fave, hai riempito il portabagagli di quei prodotti genuini per portarli ad Agrate a tuo padre Rocco, quel simpatico vecchietto che io chiamavo "zi Rocco". Zi Rocco era contento quando mi vedeva ad Agrate, appena vedeva la mia Audi 80 capiva che ero arrivato. Gli raccontavo le novelle Tocchesi che erano le stesse di Fiumara. Gli raccontavo di zi Edmondo e lui mi diceva che c’era anche a Fiumara un ufficiale postale sfizioso. Era stato guardia municipale, poi dovette emigrare con tutti voi in Germania. Mi raccontava di quando tua madre, caro Mino, ti portava in braccio e insieme agli altri fratelli e tua sorella andava a vendere le pagnotte di pane fatto in casa a Messina. (Zi Rocco era sempre in sala di registrazione e quando una sera mi senti cantare “Il tempo delle more” su un arrangiamento moderno mi disse:
"minghia e che voce che hai"). Ti aveva fatto studiare al conservatorio, sapevi suonare la tromba, il violino, il basso, il pianoforte e la chitarra. Anche zi Rocco diceva che in Germania avevi suonato con i Bitolsi (non li pronunciava bene), conoscevi a quello…come si chiamava…ah si Francu Sinatra. Mi raccontava che a Canzonissima eravate sempre i soliti tre che vincevate, tu insieme a Morandi e Ranieri, si lamentava che i tempi stavano per cambiare ed erano i “macchinari” che facevano la musica oggi: "Mio figlio Mino può cantare anche solo con la chitarra."

Caro Mino, non ti ho mai visto arrabbiato, sempre gentile ed educato. Un giorno mi hai fatto salire a casa tua e abbiamo pranzato insieme, tua moglie Patrizia mi mise a mio agio. Le tue figlie, allora piccoline, erano molto attaccate a te. Mangiammo la mozzarella di bufala che ti avevo portato da Battipaglia. Ci andavi matto. A tavola mi chiedesti se ero a conoscenza della storia del fonico di sala. Sapevo tutto, ma non ti dissi niente per non farti arrabbiare. Poi sei venuto a saperlo: il fonico aveva cacciato fuori dalla sala di registrazione tuo padre perché gli dava fastidio. Fu la prima volta che ti vidi arrabbiato. Lo hai licenziato e poi lo hai riassunto…ma quanta gliene dicesti, però.

Zi Rocco spesso mi diceva che c’era molta gente che veniva a registrare e pochi pagavano. Erano di casa Bobbi Solo e Little Tony, tuoi veri grandi amici; venivano a registrare pezzi per “Trent’anni della nostra storia” un programma di Paolo Frajese, che facevate insieme.

Non è forte chi non cade mai, caro Mino ma chi cade e si alza come un leone. Stavi ritornando alla grande. Era da poco passato quel periodo in cui il grande impresario Bibi Ballandi disse a Remo Francesconi che ti avrebbe preso nella sua scuderia, ma più di un milione e mezzo con tutta la banda non poteva darti…tu che avevi venduto milioni di copie in tutto il mondo.
Quel grande Remo Francesconi era il tuo impresario, ex rappresentante di pentole, lo hai conosciuto nella pensione a Milano quando eri agli inizi. Poi venne il successo e comunque non lo hai più mollato. Anche Remo nelle ore interminabili di viaggi interminabili, durante le tappe del magico tour del mio primo Sanremo, mi raccontava tante cose di te. Mi raccomandava spesso di non farmi mai veder con un'altra donna alle serate:
"Mino ti molla subito ".

Eri attaccatissimo a tua moglie e i critici musicali ci ironizzavano. Mai uno scoop su Novella Duemila. Ci sono dei tuoi colleghi che campano di scoop sputtanando la propria vita familiare a suon di milioni e poi dicono che hanno i “valori”, ma i valori mica si mettono in vista o si raccontano.

Una cosa, Mino, forse è vera, a detta di molti: ti facevi accompagnare in concerto dai tuoi fratelli, erano diventati tutti musicisti, ma tu sai bene che, ad eccezione di Franco, erano bravi ma non certo alla tua altezza. Tu invece li facevi suonare per dargli un lavoro, tanto eri tu che sulle piazze trascinavi la gente, i tuoi fratelli erano in seconda fila. Volevi che il tuo successo lo assaporasse tutta famiglia, volevi che ti stessero tutti accanto. E fu così che comprasti una serie di cascine mal ridotte in via dell’Adda ad Agrate. Ci hai costruito tante ville per quanti eravate di famiglia. C’è anche un campo sportivo, dove la domenica con Celentano, Mario Tessuto ed altri vicini, giocavi con la maglia numero otto…la stessa di un tuo amico calciatore della tua amata Inter.

Potevi mai staccarti da quel baffone di batterista Gegè Reitano, colui che si sedeva sui sacchi postali, zeppi di cartoline indirizzate a te, inviate dalla gente a Canzonissima? Ci dormiva pure sopra, prima che iniziasse lo sfoglio. Gegè doveva essere presente per paura di imbrogli. Il fatto di farti accompagnare in concerto dai tuoi fratelli, per i critici musicali era una vera cafonata…non ho mai capito il perché.

La tua immagine era il palco, la tua voce. Ma i tempi erano cambiati e “l’essere” non bastava più, si doveva apparire, l’immagine, ci vuole l’immagine costruita a tavolino oggi. Avere una grande voce non conta più, oggi è Marketing, business, ci sono le pianificazioni e le strategie di lancio, si deve vendere e subito. Puoi anche avere un prodotto scadente, ma se promozionato bene arrivi senza ombra di dubbio…ma sempre con la fatidica “autoproduzione”.

Caro Mino,sapevi bene che le case discografiche non sborsano più un centesimo se non per pochi, Zucchero, Ramazzotti ed altri. A Zucchero la casa discografica gli ha pagato tutte le accoppiate internazionali. Tu ci soffrivi ed eri alla ricerca di una Major per avere le stesse cose. Non c'è niente di più sofferente di una giustizia negata. E cosìti ostinavi ad andare a Sanremo combattendo come Don Chisciotte e portare pezzi anche brutti. “Italia” era destinata a Pavarotti e sono convinto che se l’avesse cantata lui, per i critici non era affatto una canzone retorica.

Facevi trasmissioni dove mettevi in mostra il tuo talento, tu cantavi, eri un cantante con la “voce” ed alcuni ironizzavano perchè eri convinto di ciò che facevi…”Cantare”. Oggi non si canta, si stona, più stoni, più sembri ubriaco e più sei simpatico. Sono di moda i cantanti ubriachi, sono fenomeni e a volte poeti maledetti per due cazzate o slogan che inseriscono nel testo, per far dondolare la testa e far caprioleggiare nel cielo chi li ascolta. L’arte del nulla alla ribalta; una cantante, grande quasi come Mina, una sera da Maurizio Costanzo, quando Bracardi le chiese in che tonalità iniziava la canzone, lei rispose impacciata che non lo sapeva. Quel rockettaro ridicolo che riempie gli stadi quando prende gli accordi sulla chitarra mi fa ridere.
Tu dovevi penare a chiedere un' “apparizione” perché i tempi sono cambiati…ma santo Iddio almeno un pò di rispetto per chi ha fatto la storia della musica leggera. Una giusta riconoscenza come ce l’hanno i cantanti americani. Tutto questo in Italia non accade ed ecco che Reitano e soci si lanciano a fare altro in televisione pur di farsi vedere. Perché si sa che una apparizione equivale a dieci serate.

Ti ironizzavano, ma tu da educato lasciavi correre.
Mino, te lo devo dire, sono sicuro che tu lo sapevi: una cantante che adesso non si perde una trasmissione, per dire che eri suo amico, appena ti vedeva toccava ferro. Lo facevano con Mia Martini. Vere stupidaggini che rendono provinciali da stalla le menti dell’uomo.
Quel Deejay stupido che a Castrocaro disse
“vai Mino, facci vedere la tua vena”, quel presentatore che ti disse: “Mino, ci vogliono cinque lire per farti venire ed un miliardo per fartene andare”.
Ti ironizzavano perché eri nazional-popolare, ancorato alle tue radici. Per te era un vanto, per loro emancipati erano cafonate. Andavi sulle piazze e la gente ti osannava. Adesso tutte quelle persone dicono che sei stato grande, avevi una grande voce, ma perché quel giusto riconoscimento non c’è stato quando eri vivo?

Mino, ti chiedo scusa per non averti fatto firmare “Tamuré”, canzone del mio secondo Sanremo. Non volevo tante firme sui mie pezzi, volevo dare l’immagine di cantautore. Un pò te la prendesti, ma comunque continuasti a procacciarmi tante trasmissioni. Grazie ancora.
Grazie, invece, per aver cantato “Un Romanzo farò”, una delle mie prime canzoni. Ieri su Internet ho scoperto che l’hai messa nel volume 3 della Duck Record. Grazie.

E ti chiedo ancora scusa per non averti ascoltato, quando mi sono voluto liberare dal contratto editoriale di quel birbante di tuo fratello; mi arrabbiai tanto perché mi aveva fatto firmare un contratto molto piuù lungo di quanto pensassi. In quel periodo mi voleva un discografico molto importante, quello di Ramazzotti, il sig Galanti ed io ero contentissimo, sembrava di aver toccato il cielo con le mani. Tu mi dicesti che a volte i grossi discografici promettono e poi ti parcheggiano fin quando non trovano lo spazio, giusto per poterti fare uscire; e intanto passano gli anni.
Forse era meglio restare con la tua piccola etichetta Fremus, almeno continuavo a fare apparizioni per procurarmi serate…tante, quelle che vorrei per ossigenarmi l’anima come una volta.

Caro Mino, nessuno sa che eri anche un tipo “spassoso”; dalle mie parti si dice “pazzariello”. Ti ricordi quella volta che sei stato a parlare con me a telefono dicendomi che eri il giardiniere di Mio Reitano? Io ti dissi che ero il presidente del comitato di Apollosa e che per le otto di sera assolutamente dovevo conoscere il cachèt di Reitano; allora, per non perdere la data mi dicesti:
"ti chiamo subito Mino".
E cosi ci facemmo una grande risata.

Oggi ho sentito uno spot per una trasmissione che domenica manderà in onda Rai Uno dal titolo “Cantavo con i Beatles e non lo sapevo”. Nessuno sa che quel progetto alla Rai lo hai presentato 20 anni fa. Ne parlano domani sera…
Guarda quello special Mino, guardalo…ti sto immaginando…certamente lo vedrai dal cielo.
Se fossi in te scenderei dal cielo e prenderei a bastonate tutti quelli che domani sera ti riempiranno di belle parole.
Lo ridico: NON C’E SOFFERENZA PIU ATROCE DI UNA GIUSTIZIA NEGATA.
Tu invece vedrai lo special e agli angeli racconterai di te e quella storia con i Beatles…
Non ti dimenticare di raccontargli di me…ci conto.

Il tuo affezionato Gitano… scusa Tonino


"…e si ritrovarono dietro il palco con gli occhi sudati e le mani in tasca,
tutti dissero io sono stato suo padre purchè lo spettacolo non finisca…"

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