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Francis Durbridge e la RAI - La sciarpa

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Analisi di un fenomeno in una televisione che non c'è più

di A. Scaglioni

1) "La sciarpa" (1963)

Nell'attuale mondo della televisione italiana, con canali satellitari, digitali terrestri, tematici, on demand e via web, con un pubblico che è ormai abituato a seguire quello che vuole, quando, dove e come vuole, e in cui un programma che raccoglie quattro o cinque milioni di spettatori è un grandissimo successo, può sembrare impossibile che, solo qualche decennio fa, in una televisione ancora in bianco e nero con due canali solamente ci fossero trasmissioni che registravano ascolti tre o anche quattro volte superiori e che svuotavano le vie e le piazze, i locali notturni ed i cinematografi nelle sere in cui andavano in onda. Di cosa si trattava? Del Festival di Sanremo? Dei Mondiali di Calcio? Della serata finale della Lotteria di Capodanno, o delle Olimpiadi? O magari di qualche quiz milionario? Nonostante tutti questi generi raccogliessero intorno a sé grandi consensi, le trasmissioni a cui mi riferisco nascevano dalla fervida mente di un signore di nazionalità inglese, la cui foto potrebbe sembrare più quella di un bancario che di un prolifico romanziere, e il cui nome oggi nel nostro paese è ricordato quasi esclusivamente da persone dalla mezz'età in su, che in quelle sere di cui parlavamo si radunavano insieme ai genitori, ai nonni, fratelli e sorelle, cugini e zii, intorno all'apparecchio televisivo per seguire la nuova puntata di "La sciarpa", "Paura per Janet", "Melissa" ed altri titoli che tra gli anni '60 e '70, fino a sfiorare il decennio successivo, tennero con il fiato sospeso per settimane milioni e milioni di spettatori. Il signore in questione si chiamava Francis Durbridge.

Nato in un paesino dello Yorkshire, Hull, nel 1912, Durbridge fu incoraggiato a darsi alla scrittura da un suo insegnante che ne scorse le potenzialità, e fin dall'inizio dimostrò una predilezione per le storie di crimine e mistero. Il suo modello era il famoso scrittore di mysteries, Edgar Wallace ("Se riuscissi solo a diventare bravo la metà di Wallace" era solito ripetere il giovane Durbridge, che all'epoca era ben lungi anche soltanto dal sognare che un giorno ne sarebbe stato considerato un erede), e già nel 1933 poco più che ventenne scrisse e riuscì a far mandare in onda dalla BBC il suo primo radiodramma, "Persuasion".
Il successo però non dovette essere immediato, se per poter firmare un secondo radiodramma, "Information Received", fu costretto ad attendere altri cinque anni. Ma proprio in quell'anno, il 1938, Durbridge fece il passo decisivo che gli avrebbe finalmente tributato il successo: con il suo terzo radiodramma, "Send for Paul Temple", creò la figura dello scrittore, criminologo ed investigatore per diletto, che l'avrebbe reso famoso.

Per il trentennio successivo, Paul Temple, insieme alla moglie Steve, avrebbe formato una delle coppie più inossidabili del giallo all'inglese, protagonisti di oltre venti radiodrammi, la maggior parte dei quali trasformati poi in romanzi (con la collaborazione di altri scrittori che s'incaricavano di rendere letterariamente le storie radiofoniche di Durbridge), e anche di alcuni romanzi tout-court, scritti espressamente dallo stesso Durbridge. Apparso anche in alcuni film negli anni '40, e in una serie a fumetti negli anni '50, negli anni '70, poi, Temple venne ulteriormente trasposto in una serie tv, una coproduzione anglo-tedesca, interpretata da Francis Matthews e Ros Drinkwater, che gli diede notorietà in tutto il mondo (anche se nessuno degli episodi fu firmato da Durbridge, che concesse il suo nome solo come creatore della serie), divenendo così uno dei primi personaggi multimediali della storia del poliziesco.

Ma la vera popolarità Durbridge la raggiunse con l'avvento della televisione. Dagli inizi degli anni '50 fino al 1975, produsse circa una ventina di copioni originali per la BBC che fecero il giro d'Europa, con un metodo singolare, visto con gli occhi di oggi: non venivano, cioè, esportati e doppiati nelle varie lingue gli sceneggiati inglesi, ma ogni paese che acquistava i diritti di riproduzione delle storie di Durbridge, ne realizzava una propria versione, nella lingua e con attori del posto. Insomma oggi diremmo che le varie televisioni nazionali si limitavano ad acquistare i format delle varie mini-serie per riprodurli poi con i propri mezzi, riadattandoli ai gusti del loro pubblico. Quindi esistono versioni tedesche, svedesi, francesi, polacche ed italiane di "Melissa", forse il più popolare giallo scritto da Durbridge, così come di tante altre sue storie per la tv.

Nel nostro paese, il Durbridge televisivo arriva piuttosto in ritardo, nel 1963 con "La sciarpa", il suo decimo copione, ma il suo nome non era del tutto sconosciuto agli amanti del giallo, visto che la Rai aveva già prodotto fin dal 1953, diversi suoi radiodrammi a puntate, quasi tutti con protagonista Paul Temple, interpretato di volta in volta da vari attori della Compagnia di Prosa di Firenze, con buoni ascolti ed ottimo gradimento. Tuttavia, i vertici aziendali della tv di stato non erano probabilmente preparati a quello che avrebbe significato un giallo a puntate nelle serate televisive, piuttosto soporifere, dell'epoca. Fino ad allora infatti, nonostante il buon, se non ottimo, gradimento che le vicende poliziesche avevano sempre registrato, non avevano mai convinto i paludati e un po' ingessati dirigenti Rai ad andare oltre la trasmissione di qualche isolato film o telefilm americano ("Perry Mason" era la serie gialla più popolare di quei tempi, ma anche una delle poche). La cosa più vicina ad un serial che la Rai avesse prodotto era "Giallo Club", una specie di quiz in cui ai concorrenti, invece che domande musicali o di cultura varia, veniva proposto settimanalmente un enigma poliziesco, recitato nelle prime stagioni dal vivo da attori in studio, e successivamente registrato, a cui erano chiamati a dare una soluzione, prima che l'investigatore risolvesse il caso. (Per la cronaca, l'investigatore in questione era quel tenente Sheridan, interpretato da Ubaldo Lay, che negli anni a venire sarebbe diventato un pilastro, insieme al Maigret di Gino Cervi e al Nero Wolfe di Tino Buazzelli, del giallo televisivo della Rai.) Ma sia pur con questa formula mista di gioco e fiction, i mini sceneggiati, scritti da Casacci, Ciambricco e Rossi che, per poco meno di due anni, tra il novembre del 1959 e l'aprile del 1961, calamitarono ogni settimana milioni di spettatori per ventiquattro episodi divisi in quattro cicli, non riuscirono ad indurre i succitati dirigenti a porre maggior attenzione al genere poliziesco, convinti come erano forse della missione culturale a cui erano chiamati, e ritenendo il giallo un prodotto troppo effimero per spenderci tanto tempo e mezzi. Sempre con gli occhi di oggi, viene da sorridere al pensiero che una televisione moderna, dopo un successo come quello di "Giallo Club", avrebbe prodotto almeno duecento episodi e non meno di dieci stagioni! Sta di fatto, comunque, che il pubblico italiano dovette attendere altri due anni, perché al giallo fosse finalmente tributato uno spazio degno in prima serata, sul da poco nato Secondo Programma, e l'onore di aprire quella che si sarebbe poi rivelata negli anni una proficua carrellata di successi fu proprio dello sceneggiato di Durbridge che esordì sul Secondo Programma lunedì 11 Marzo 1963.

Ecco grazie all'aiuto delle note illustrative, tratte dal Radiocorriere TV di quelle settimane (uniche testimonianze rimaste, vista l'irreperibilità del materiale video negli archivi Rai), un succinto richiamo della trama: il cadavere di una donna strangolata con una sciarpa di seta viene ritrovato nel terreno di una fattoria a Littleshaw, piccolo centro abitato a pochi chilometri da Londra. La vittima è una giovane attrice e fotomodella, Barbara Collins, legata sentimentalmente al ricco proprietario di una catena di riviste femminili e notorio playboy, Clifton Morris (Franco Volpi). Da subito, all'ispettore Jett (Aroldo Tieri), la posizione di Morris appare pesantemente compromessa, infatti, non solo la sciarpa usata come arma del delitto è simile a quelle comunemente usate dall'editore, ma a poca distanza dal luogo del delitto viene anche rinvenuto un accendisigari d'oro, di proprietà dell'uomo che afferma di averlo smarrito qualche giorno prima. Naturalmente, Morris non è il solo sospettato sulla lista della polizia. Insiema a lui, sia pur con indizi meno evidenti, ci sono anche il proprietario della fattoria in cui è stata ritrovata la giovane, Alistair Goodman (Roldano Lupi), la sua fidanzata ed amica della vittima, Marian Hastings (Liana Trouché), e diversi altri. Ma il destino sembra accanirsi particolarmente solo contro il povero Morris che procuratosi un alibi per la sera del delitto, una sua amica afferma di essere stata in sua compagnia, se lo vede sottrarre tragicamente quando anche quest'ultima viene ritrovata strangolata con un'identica sciarpa di seta, proprio nel suo appartamento. Starà all'ispettore Jett dipanare l'insidiosa ragnatela d'indizi che qualcuno sembra aver teso intorno allo sfortunato playboy.

Diretto da Guglielmo Morandi, tradotto da Franca Cancogni, che qui fa il suo esordio come adattatrice italiana dei copioni all-british di Durbridge (di cui poi avrà quasi l'esclusiva anche per la radio), e con uno stuolo di giovani e meno giovani attori teatrali e televisivi, tra cui ricordiamo, oltre ai già citati, Ivano Staccioli, Ugo Pagliai, Nando Gazzolo e Francesco Mulè, "La sciarpa" fu realizzato quasi completamente in studio, dove furono anche ricostruiti ambienti e strade della cittadina inglese in cui si svolge la vicenda, e spostando la troupe per i pochi esterni nei pressi di una tenuta, situata sulla Cassia, che ricordava molto le classiche strutture edilizie britanniche. Evidentemente, ancora i produttori Rai erano lontani dall'autorizzare costose trasferte nelle località estere originali dove erano ambientate le storie di Durbridge, cosa che avverrà in seguito sull'onda del successo delle vicende gialle escogitate dal maestro inglese, e sicuramente un "esperimento", come poteva a tutti gli effetti essere considerato questo, non incentivava allo sperpero delle risorse. Inoltre, la programmazione venne effettuata con una formula "bi-settimanale", piuttosto insolita per l'epoca, per uno sceneggiato, andando in onda ogni lunedì e mercoledì, dopo le 21, per sei puntate. Ulteriore prova di una cautela anche eccessiva da parte dei vertici Rai nell'affrontare questo nuovo modo di proporre una storia poliziesca: in caso d'insuccesso, evidentemente, si pensava a limitare i danni riducendo il numero delle settimane.

Ma ogni timore che ci fosse stato si rivelò privo di fondamento. Anche se non raggiunse il record della Germania, dove un paio di anni prima racconta la leggenda nelle ore in cui veniva trasmessa "Das Halstuch" ( "La sciarpa" in versione tedesca) gli operai e gli impiegati si assentavano dalle fabbriche e dagli uffici per seguirla, al punto da spingere le varie dirigenze a modificare gli orari di lavoro per non interrompere la produzione, anche nella sua versione italiana, "La sciarpa" ebbe ascolti notevolissimi, quasi sei milioni di spettatori (un risultato di grande rilievo, se si pensa che, ad esempio, il lunedì la concorrenza era rappresentata dai seguitissimi appuntamenti con il cinema dei grandi attori di Hollywood sul Programma Nazionale, e il Secondo Programma era un optional per moltissime famiglie che avevano ancora vecchi televisori che non lo ricevevano), e anche l'indice di gradimento raggiunse punte dell'ottanta per cento. Ma il giallo a puntate di Durbridge conquistò un altro importante risultato: insieme allo sport e alla politica divenne argomento di conversazione tra la gente nei bar, nei negozi, o dal parrucchiere. La "caccia al colpevole" ancora una volta elettrizzò il pubblico, come ai tempi di "Giallo Club", con la grossa differenza però che questa volta l'enigma non si risolveva nel giro di una sola sera, e poteva essere discusso e commentato per giorni, mentre le ipotesi sull'identità dell'assassino da parte della gente si accavallavano. Alcuni quotidiani colsero questo interesse e il mattino dopo ogni nuova puntata pubblicavano articoli che riassumevano la vicenda fino a quel momento ed enumeravano i vari sospettati come se si fosse trattato di un autentico caso criminale. La sera dell'ultima puntata, poi, si notò che al cinema e nei locali pubblici in genere che non disponevano di una saletta tv, l'afflusso nell'ora in cui andava in onda la trasmissione aveva subito cali rilevanti. Insomma, la Rai aveva trovato un filone d'oro e da quel momento ne avrebbe attinto a piene mani per molti anni a venire.

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