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Jekill

Articoli

Jekyll (1969)

Regia di
Giorgio Albertazzi

Scritto da:
Giorgio Albertazzi
Ghigo De Chiara
Paolo Levi

Cast:
Giorgio Albertazzi
Massimo Girotti
Claudio Gora
Bianca Toccafondi
Marina Berti
Serena Bennato
Penny Brown
Ugo Cardea
Pier Anna Quaia
Mario Chiocchio
Bruno Cirino
Bianca Galvan
Orso Maria Guerrini
Nicoletta Rizzi

Scene:
Luciano Ricceri

Fotografia:
Stelvio Massi

Abiti:
Ezio Altieri

Musiche originali:
Gino Marinuzzi jr.

Trama:
Liberamente tratto da un racconto di R. L. Stevenson, è la storia del professor Henry Jekill e della sua controparte malefica, Edward Hyde, creata in laboratorio a seguito di un esperimento genetico. L'intenzione di Jekill era cercare di isolare la parte cattiva (Hyde) da quella buona (Jekyll), permettendo in tal modo che una sola persona potesse seguire due strade completamente opposte, e realizzarsi in entrambe. Disgraziatamente Hyde prende man mano il controllo di Jekill, commettendo ogni sorta di nefandezze e causandone la drammatica fine. E' dunque una parabola del Male: dietro una sola persona si possono nascondere due differenti personalità, una volta al Bene, l'altra al Male assoluto, che sono continuamente in contrasto fra di loro e tentano di prendere il dominio dell'individuo.

Il Jekill di Albertazzi

Rispetto alla originaria e moralissima società vittoriana, Albertazzi ambienta questa singolare trasposizione del racconto di Stevenson in epoca moderna, condizionata dai continui progressi scientifici e dal continuo evolversi del tessuto sociale. E' il 1969: il movimento hippie, che ebbe la sua massima espressione nei tardi anni Sessanta ed all'inizio degli anni Settanta, trova la sua ideale, anche se accennata, collocazione nel quadro generale immaginato dal regista. Non si trattò di un movimento culturale vero e proprio, dotato di propri leader e di un manifesto, ma molti hippies ebbero uno stile di vita nomade o all'interno di una comunità, rinunciando alla tradizionale vita borghese, opponendosi alla Guerra del Vietnam, abbracciando aspetti di culture religiose non tradizionali e criticando i valori della classe media occidentale. Molti di loro mossero critiche alle istituzioni e ai valori del tempo (Governo, industria, morale tradizionale, guerre). Come per Jekill ed Hyde, il regista sembra voler evidenziare il duplice tessuto sociale della sua epoca ed è anche per questo che l'ossessionante, ritmica, ipnotica e cadenzata colonna sonora, a tratti soffocante, è controbilanciata da melodie semplici, innocenti, ariose e tipicamente beat del mondo dei "figli dei fiori". La purezza e l'innocenza cristallina ricercata da Jekill, probabilmente, risiedono in quella semplicità ed ingenuità che i giovani di allora, reduci dal 1968, cercavano di carpire, afferrare e propagandare. Il 1969 è l'anno della Luna, traguardo scientifico di portata straordinaria; è l'anno di Woodstock, con migliaia di giovani americani che per tre giorni abbandonano i propri interessi personali per dedicarsi a qualcosa che, a posteriori, viene visto come un sogno collettivo di riforma della società. Albertazzi, che considera l'attore uno sregolato antiborghese, proprio in questo sceneggiato afferma che "il successo non conta niente, non è neanche un fatto negativo". Nel 1969 il mondo era ancora diviso in due blocchi contrapposti e ciascuna parte era convinta che il Male risiedesse altrove, accusando, sbeffeggiando e minacciando la pace. Due mondi come Jekill ed Hyde, in continua trasformazione. In un'intervista gli fu posta la domanda "Cosa salverà il mondo?". La risposta fu "La bellezza". La possiamo ritrovare proprio nella sigla di chiusura della quarta ed ultima puntata dello sceneggiato ( ascoltala):

"Da quando dagli atomi a caso
fu generata questa cosa che chiamiamo Mondo
e che ogni giorno gira e ancora non è stanca
come spiegare che tu sei tanto bella
ed io innamorato di te.
Da quando questa cosa che chiamiamo Mondo
si è spaccato in due
di qua la libertà, di là l'uguaglianza
e dove il lupo sazio non diventa agnello
come spiegare che tu sei tanto bella
ed io innamorato di te.
Aspettando che l'era elettrica
redima l'universo dai computers e dall'imbecillità
e dal vicolo cieco nasca la fraternità
non mi spiego perchè
tutti non siano come me
innamorati, innamorati di te."


Albertazzi e la Genesi

"Ero il primo essere di una nuova specie, autocreata razionalmente dall'uomo, in tutta la storia dell'universo.
Ero Edward Hyde, l'incarnazione di un aspetto nascosto nella mia natura, da sempre. Mi accorsi che ero diminuito di statura. Provavo un'inebriante sensazione di indifferenza e nell'animo una libertà sconosciuta. Capii d'essere malvagio, di una malvagità perfetta, libera da ogni censura, la malvagità della specie umana quando si inebria di sè.
Era l'alba. Tutta la casa, che mi era completamente estranea, e l'università erano immerse in un profondo sonno."


Questo passo rappresenta, a mio parere, il punto più felice ed evocativo dello sceneggiato. Il regista, per sua stessa ammissione, non è un credente, ma confeziona un quadro d'assieme che ci commuove, trasportandoci in un viaggio onirico fatto di nebbie, di silenzi, di sensazioni mistiche paragonabili ad un'aurora boreale, di profumi d'erba e di sguardi meravigliati in mondi alieni. Il nuovo essere, qualunque sia la sua natura, muove i passi nella conoscenza di sè e respira, danza, allarga le braccia, si distende sul prato. Qualunque forma di vita, dunque, anche la più orribile, ama la vita, la desidera, qualunque sia il prezzo da pagare. Ecco, allora, che il conflitto Jekill/Hyde non è più soltanto il Bene contro il Male, ma la lotta per la sopravvivenza.

Epilogo scientifico nell'aula universitaria

"Un errore commesso in segreto non può essere corretto. Se le scelte raggiungono la verità non lo si deve all'esattezza dei fatti che ci conducono alle nostre conclusioni, ma al fatto che commettiamo i nostri errori in pubblico. Noi viviamo in un mondo composto non da una elite di qualche centinaio o di qualche migliaio di individui, ma di diversi miliardi. La tentazione di ridurre il mondo a una piccola comunità di irresponsabili, che finirebbe fatalmente con l'acquistare i caratteri di una società segreta, è grande. Ma noi ci auguriamo che gli scienziati non cederanno mai a questa tentazione e che proprio noi, uomini consapevoli, faremo in modo che la nostra società e il suo lavoro, la sua potenza e il suo stesso onore siano aperti ed accessibili a tutti. Noi sappiamo che ci sono uomini dotati di un tale spirito creativo che li spinge a spalancare le porte dinanzi alle quali ciascuno passa, furtivamente. Sono loro che allargano la coscienza del mondo, rivelandoci l'inatteso e l'inaudito. Noi restiamo disponibili e aperti all'ignoto e al genio. Ma agli uomini di scienza, in questo nostro mondo in trasformazione dominato da tensioni enormi, si impongono dei doveri al di là dell'esercizio della loro professione. Abbiamo l'obbligo di assumere un compito nello sforzo di rinnovamento e di progresso delle istituzione umane."

Una personalissima curiosità


Più volte, durante lo sceneggiato, ho notato una particolare rassomiglianza fisica di Hyde, nelle espressioni, nella voce alterata, nella disperazione, in un certo atteggiamento istrionico col grande attore Gian Maria Volontè, che amo moltissimo. Probabilmente è soltanto frutto della mia fervida immaginazione (ma in casa non sono stato l'unico a provare questa sensazione) e non conosco nemmeno l'opinione di Albertazzi riguardo allo straordinario Gian Maria, nè penso che eventualmente la cosa fosse voluta, però, basandomi molto semplicemente sulle rispettive visioni socio-culturali, alle loro doti interpretative e soltanto per gioco, non vi sembra che Albertazzi e Volontè possano essere l'uno la parte nascosta dell'altro? E visto che di gioco si tratta, un'altra curiosità la si trova visitando il sito ufficiale di Volontè dove campeggiano queste parole nella home page: Gian Maria Volontè - L'attore e il suo doppio.

Copertina DVD FabbriSigla di aperturaLo sguardo allucinante di HydeMassimo Girotti, l'avvocato di JekillIl braccio destro di JekillIl professor Henry JekillFigli dei fioriNè Jekill nè HydeL'alba della GenesiIl primo essere di una nuova specieAbisso di dolore

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