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Baty

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"…novantasei, novantasette, novantotto, novantanove e cento!"

L’uomo dei giocattoli prese la manciata di monetine appena contate e le mise nel cassetto, dopodiché infilò il batuffolo giallo nella bustina e la diede al bambino. Questi uscì di corsa saltellando prima su una gamba e poi sull’altra, felice di aver fatto un acquisto. I suoi genitori gli avevano dato il permesso di svuotare la cassettina dei risparmi per comprarsi un regalino e lui, con l’occhio sagace di chi sapeva il fatto suo, era andato di corsa dal giocattolaio.
Mancava una settimana a Pasqua e da quando il negoziante aveva approntato la vetrina per tale ricorrenza, Ciccio tutte le volte si fermava incantato a guardare quell’esplosione di uova di cartone tutte decorate, fiorellini di seta, gallinelle di peluche e soprattutto una nidiata di pulcini gialli in cartone e vera piuma. In realtà Ciccio desiderava un animale vero, un cucciolo tenero da coccolare e accudire, ma la mamma non ne voleva sapere, convinta com’era che la casa fosse troppo piccola per accogliere un gattino, un cagnolino o anche un uccellino. Allora entrò nel negozio e si comprò un pulcino, immaginando già di sistemarlo sul suo cuscino per stringerlo prima di addormentarsi.

L’avrebbe chiamato Baty, come il cucciolo di beagle conosciuto l’estate scorsa al mare. Ciccio era un bambino impacciato, grassottello e sensibile, spesso vittima degli scherzi dei suoi compagni. Non sapeva difendersi ed era troppo orgoglioso per dirlo ai suoi genitori; così passava molto tempo da solo a disegnare creature fantastiche e a desiderare di avere molti amici su cui contare.

Ciccio si infilò il pigiama, salutò il babbo e la mamma e scappò a letto. Quella sera non sarebbe stato solo, c’era Baty a tenergli compagnia. Tirò su le coperte per proteggere anche il suo nuovo amico, poi con la mano stretta sul pulcino, chiuse gli occhi e si addormentò.

"Pi… pi… pi… ho freddo… pi… pi… pi…"

Ciccio aprì gli occhi lentamente perché stava sognando che Baty lo chiamava, e gli dispiaceva abbandonare quel sogno dove lui e il pulcino si riparavano a vicenda dal freddo notturno.

"Pi… pi… pi…"

Ma stava ancora sognando? No, era sveglissimo, eppure sentiva un suono come… come… Baty! Il pulcino apriva e chiudeva gli occhietti e dal beccuccio usciva un dolcissimo pigolio. Ciccio lo guardava con gli occhi sbarrati, tanta era la sorpresa, ma non aveva paura, anzi.

"Baty, sei tu?"

"Si, ti prego, riscaldami che ho tanto freddo"

"Ma tu parli! Sei un pulcino autentico?"

"Ero vivo, ora non più, ma se vuoi posso andarmene"

"No che non lo voglio! Ma se non sei vero come fai a…"


Ciccio era felice e contemporaneamente desiderava capire come era possibile che un pulcino di cartone e piume incollate potesse parlare...e proprio con lui, per giunta!

"Vedi", disse Baty, "una volta anch’io avevo una mamma e tante sorelle, ed eravamo liberi di scorrazzare in un grande prato, poi un giorno un uomo mi scrutò per bene, mi separò dalle mie sorelline e mi gettò in una fossa insieme a tanti altri pulcini come me."

"Baty, perché, cosa gli avevi fatto?"

"Niente...non avevo fatto niente. Semplicemente non gli ero di nessuna utilità perché da grande non avrei fatto uova, come invece faceva la mia mamma"

"E allora, cosa è successo poi?"

"Quando oramai ero allo stremo delle forze, ho sentito un gran tepore e una vocina dolcissima che mi diceva di non preoccuparmi, che un giorno sarei stato di nuovo felice. In quel mentre l’uomo crudele ci versò sopra della sabbia e l’ultimo ricordo che ho sono i lamenti dei miei compagni di sventura."


Ciccio non tratteneva più le lacrime. Baty gli stava rivelando una realtà che lui, con il cuore di bambino, non aveva mai neanche lontanamente immaginato. Rassicurò il giallo batuffolo sul fatto che non lo avrebbe più abbandonato e che nessun uomo cattivo avrebbe potuto più fargli del male. Piangente e incantato, fissava il suo amico pensando a come poterlo rendere felice. E gli venne un’idea.

"Baty, i pulcini della vetrina, sono per caso i tuoi amici?"

"Si! E sono molto triste per loro, perché ora io ho te che mi vuoi bene e loro sono da soli senza nessuno che li protegga."


Detto questo, i due amici si addormentarono, con Baty accoccolato tra il cuscino e i capelli di Ciccio. L’indomani si prospettava una giornata molto impegnativa per il cucciolo d’uomo.

C’era un po’ di calduccio quel pomeriggio di marzo, così Ciccio, una volta sistemato Baty sul davanzale della finestra al caldo di un raggio di sole, determinato come non mai prese la sua raccolta di giornalini e uscì. Si era ricordato che a due isolati da casa c’era la bancarella di un rigattiere, un brutto ceffo che gli incuteva un certo timore, ma oramai aveva preso la sua decisione e nessuno lo avrebbe fermato. Si avvicinò all’uomo e con le guanciotte rosse di timidezza gli chiese se era interessato all’acquisto dei giornalini. Senza neanche guardarlo, l’uomo prese i giornalini, li valutò uno per uno e fece a Ciccio la sua proposta. Affare fatto! Il bambino prese i soldi, diede un’ultima malinconica occhiata ai giornalini e si diresse verso il negozio di giocattoli.

Dopo cena Ciccio si congedò dai suoi con la scusa di dover rivedere i compiti per il giorno dopo. Baty lo aspettava immobile, come un vero pulcino finto, ma non appena il bambino ebbe chiusa la porta iniziò un sommesso pigolio. Ciccio aprì una scatola di cartone e apparve una serie di pulcini gialli. Sollevò le coperte e sistemò per bene la nidiata, Baty incluso. Fu a quel punto che il pigolio aumentò d’intensità; e aumentò... aumentò...fino a diventare come una musica armoniosa, un frullare di piume e di occhietti che si aprivano meravigliati e si agitavano felici in quel calduccio che ricordava loro le morbide piume della mamma.

Baty uscì dal gruppo e balzellando raggiunse la spalla del bambino, si avvicinò al suo viso e gli diede tanti bacini affettuosi.

Ciccio si era privato dei suoi giornalini pur di far tornare a nuova vita i piccoli volatili. I suoi compagni di scuola non l’avrebbero mai saputo, ma lui era un coraggioso bambino timido. Si infilò nel letto insieme ai nuovi amici e iniziò così ad ascoltare le loro storie.

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