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Francis Durbridge e la RAI - Giocando a golf una mattina

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Analisi di un fenomeno in una televisione che non c'è più

di A. Scaglioni

4) "Giocando a golf, una mattina" (1969)

Pare che in quel finale d'anno 1966, mentre l'Italia televisiva tutta s'interrogava ancora su chi avesse ucciso Melissa Foster, un cronista particolarmente intraprendente avesse avuto la trovata geniale di telefonare ad un suo collega inglese (in Inghilterra "Melissa" nella sua versione originale era già andato in onda due anni prima) per farsi rivelare il nome dell'assassino.
Se l'espediente funzionò o meno non è dato sapere perché in realtà nessun giornale pubblicò anzitempo quel nome, e la notizia di questa fantomatica telefonata internazionale trapelò solo molto tempo dopo la fine dello sceneggiato. Quindi direi che è più che probabile che si tratti solo di una specie di leggenda metropolitana, diciamo così, di quelle che amano inventarsi le redazioni per insaporire un articolo, ma, leggenda o no, evidentemente la faccenda dovette allarmare abbastanza i dirigenti Rai e Daniele D'Anza che per il successivo giallo di Durbridge pensarono ad un sistema tutto nuovo per confondere le acque.

Ma procediamo con ordine. Dopo l'enorme successo popolare e mediatico di "Melissa", la Rai si sentiva ulteriormente incentivata, se ce ne fosse stato ancora bisogno, ad incrementare il numero di trasmissioni a sfondo poliziesco delle sue due reti. Tra l'inizio del '67 e il settembre del '69, quando il nuovo Durbridge esordì in pompa magna di domenica alle 21,05 sul Programma Nazionale (novità assoluta per il nostro autore!), ormai i gialli non si contavano più. Cito solo i titoli più importanti di quel periodo: oltre ai soliti Sheridan, tornato non solo con una nuova donna del suo
poker in formazione, "La donna di quadri", in cinque puntate, ma anche con una nuova serie di cinque episodi autoconclusivi, quasi dei tv movies, riuniti sotto il titolo di "Squadra Omicidi, Tenente Sheridan", e Maigret con un terzo ciclo di storie (altri cinque sceneggiati per un totale di undici episodi), arrivarono ad unirsi alla schiera degli investigatori reinventati dalla nostra televisione, anche Nero Wolfe ed il suo assistente Archie Goodwin, dai romanzi di Rex Stout, al secolo Tino Buazzelli e Paolo Ferrari (sei storie divise ognuna in due parti), ed il re di tutti gli investigatori, il grande Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle, interpretato alla perfezione da Nando Gazzolo, affiancato da un altrettanto perfetto Gianni Bonagura nella parte dell'inseparabile Watson (due classici, "La valle della paura" e "L'ultimo dei Baskervilles" in tre puntate ciascuno). Tra i prodotti un po' più sui generis, ma da non trascurare, ricorderei anche "Geminus", un singolare giallo quasi in chiave di commedia con un insolito Walter Chiari, e la prima serie de "I ragazzi di Padre Tobia", telefilm per ragazzi dal sapore solo vagamente poliziesco, ma degno di apparire in questa breve lista, se non altro per la firma degli autori, quei Casacci e Ciambricco, già padri del tenente Sheridan.

Per quel che riguardava invece Durbridge, anche se niente di suo era più stato prodotto da quasi tre anni per la televisione, la pausa non era stata tanto lunga in realtà per quei suoi appassionati che fossero stati attenti fruitori anche della radio, visto che a cavallo della primavera-estate 1967 era andata in onda una nuova avventura di Paul Temple, "Margò" in dieci puntate, trasmesse nell'arco di due settimane dal lunedì al venerdì, alle 10 del mattino sulle frequenze del Secondo Programma radiofonico. Con la regia di Guglielmo Morandi (che era stato anche il regista del primo sceneggiato tv di Durbridge "La sciarpa"), e la traduzione e adattamento dell'immancabile Franca Cancogni, il radiodramma vedeva nella parte dello scrittore detective per la prima volta un interprete di fama, contrariamente alla volte precedenti in cui ci si era serviti di attori delle varie compagnie locali di prosa della Rai, e cioè Aroldo Tieri, per la quarta volta consecutiva impegnato in un giallo di Durbridge, un record che stava per ulteriormente incrementare, come vedremo. Insieme a lui, ad arricchire il cast per la maggior parte composto dalla Compagnia di Prosa di Firenze della Rai, furono chiamati Giuliana Lojodice, Corrado Gaipa e Cesare Polacco, l'indimenticabile ispettore Rock dei caroselli della brillantina Linetti (ricordate? "Anch'io ho commesso un errore..."). L'anno dopo, poi, ancora il Secondo Programma della radio, aveva trasmesso "La Boutique", radiodramma giallo che Durbridge aveva scritto su richiesta dell'
European Broadcasting Union, il consorzio delle emittenti radiofoniche europee, per il mercato continentale ed il Commonwealth, e che andò in onda quasi in contemporanea in quindici paesi, tra i quali appunto il nostro. La versione italiana, diretta da Umberto Benedetto, e trasmessa nell'autunno del 1968 in cinque puntate il venerdi alle 20, vedeva tra i protagonisti Andrea Checchi, Arnoldo Foà e Ilaria Occhini, ancora coadiuvati dalla Compagnia di Prosa di Firenze. Eccezionalmente la traduzione non venne curata dalla Cancogni, ma da Amleto Micozzi, ma questo resterà un caso unico.

Come si vede, insomma, nonostante la pausa televisiva, la Rai non aveva certo dimenticato lo scrittore inglese, e finalmente nell'estate del 1969 giunse notizia di un nuovo giallo di Durbridge in lavorazione per la tv, il terzo consecutivo diretto da D'Anza che si stava specializzando nel genere (e che negli anni successivi avrebbe firmato altri grandi successi come "Coralba", "Il segno del Comando", "Ho incontrato un'ombra", "L'ultimo aereo per Venezia", tutti in chiave
mystery ma non più all'ombra dello scrittore inglese). Ancora una volta si trattava di un'opera abbastanza recente (1966) il cui titolo piuttosto banale, "A Game of Murder", si trasformò in italiano nel più suggestivo "Giocando a golf, una mattina". Franca Cancogni fu di nuovo affiancata dal regista come era già accaduto con "Melissa" ed insieme i due tirarono fuori dallo script originale un'ottima sceneggiatura che, come la precedente, arricchiva senza tradirli il testo e i personaggi di Durbridge di sfumature dal sapore decisamente più nostrano. Inoltre, pur non rinunciando al solito sistema delle soluzioni alternative per proteggere anche sul set l'identità del colpevole (questa volta ne furono girate tre), D'Anza, come accennavo prima, escogitò un ulteriore trucchetto per confondere ancora di più le acque e scoraggiare chi avesse voluto eventualmente cercare di emulare la presunta impresa di quel cronista di cui sopra, che esistesse davvero o no. Tutti i nomi dei personaggi della storia vennero cambiati per renderli meno identificabili. Si mutarono anche alcuni rapporti di parentela (nell'originale, la prima vittima era il padre e non il fratello dell'investigatore) e così via, nell'intento di rendere la vita difficile il più possibile ad eventuali guastafeste. Quindi se vi è magari capitato di leggere il libro omonimo tratto dallo sceneggiato, e pubblicato anni dopo anche in Italia, ora sapete perché nessuno dei personaggi della storia avesse un nome corrispondente a quelli che ricordavate.

Tuttavia, come dicevo, la trama, pur allungata e rimpinguata di dialoghi e scene fino a riempire le sei puntate di circa un'ora l'una come richiesto dalla dirigenza Rai, rispettava pedissequamente l'intrigo ordito da Durbridge: trasferito a Londra da Birmingham, l'ispettore Jack Kirby, in attesa di prendere servizio a Scotland Yard pensa di godersi un paio di settimane di ferie presso il fratello Bob, ex-asso del golf e attualmente proprietario di un negozio di articoli sportivi, ma l'atmosfera che vi trova è tesa, e Bob sembra depresso e intenzionato a cedere l'attività. Jack fa appena a tempo ad incontrarlo sul campo da golf, che Bob resta vittima di un incredibile incidente di gioco. Colpito alla testa da una pallina, cade su un sasso restando ucciso sul colpo. Responsabile è un certo Tony Stewart, che appare prostrato dalla disgrazia. Jack non crede all'incidente e sospetta che suo fratello sia stato ucciso di proposito, ma nessuno gli dà ascolto, a partire dal suo diretto superiore, il sovrintendente Bromford, e dal suo collega ed amico, l'ispettore Ed Royce. Jack contro il loro parere persegue pervicacemente la pista del delitto e i suoi sospetti sembrano trovare conferma quando scopre il numero della targa dell'auto di Stewart annotato da Bob su una cartella nel suo ufficio. Contattato, Stewart nega di aver mai conosciuto Bob se non di vista, ma accetta di incontrare Jack, salvo poi non presentarsi, mandando la sua ragazza, Kay Richardson, al suo posto, per dargli un nuovo appuntamento. E stavolta Stewart c'è, ma morto con una pallottola nella testa. Ma a quanto pare prima di morire, Stewart ha inviato a Kirby una raccomandata, come scoprono Royce e Bromford, da una ricevuta rinvenuta a casa sua. Nel bel mezzo di questi tragici eventi, si dipana una vicenda che sembrerebbe minore ed assolutamente estranea. La signora Mason, governante del fratello, ha smarrito da giorni il suo cagnolino. A ritrovarlo insperatamente, abbandonato e senza collare, è una strana coppia di coniugi, David Scott, un anziano gentiluomo bloccato su una sedia a rotelle, e la sua giovane moglie Mabel, e a Jack che è passato a riprenderselo, Scott chiede di devolvere la ricompensa ad un comitato di beneficenza e girarlo in favore del segretario, un certo Basil Haigs. Immaginatevi la sorpresa di Jack quando nell'appartamento di Stewart la polizia scoprirà proprio l'assegno da lui firmato in favore del signor Haigs! Il giorno dopo, intanto, la raccomandata arriva, e contiene due oggetti, un collare da cani, e un biglietto con su scritto, "Per questo tuo fratello è stato ucciso."

Questa è praticamente la trama della prima puntata, e fermiamoci pure qui, dato che lo sceneggiato può essere facilmente recuperato in DVD e sarebbe un peccato rivelare troppi dettagli, rischiando di rovinare il divertimento a chi ancora non lo avesse visto, ma credo che basti a far capire che siamo in pieno Durbridge, con le sue consuete e intriganti coincidenze, che naturalmente non si riveleranno mai come tali, e i suoi colpi di scena spiazzanti, fatti ad arte per confondere lo spettatore. Che rapporto infatti possa esserci tra un collare per cani, un paraplegico a giorni alterni, le morti di Bob Kirby e Tony Stewart, e una misteriosa organizzazione, che dietro ad un giro di fotomodelle, nasconde prostituzione, spionaggio e ricatti, sarà il tema sviluppato nel corso delle sei puntate dello sceneggiato, in onda nuovamente a ritmo bisettimanale la domenica e il giovedì, dal 28 Settembre al 16 Ottobre 1969, riducendo così i tempi di trasmissione e il rischio di pericolose indiscrezioni.

Ormai la Rai sapeva di poter contare su un successo sicuro quando si trattava di gialli a puntate, soprattutto se firmati da Durbridge, e anche stavolta non restò delusa. L'accoglienza del pubblico fu a dir poco entusiastica; il passaggio, poi, dal Secondo Programma al Nazionale e la collocazione domenicale favorirono ancora di più "Giocando a golf, una mattina" che raccolse un bel 80 di gradimento e oltre 15 milioni di spettatori di media. Tra i protagonisti, Luigi Vannucchi era Jack Kirby, Aroldo Tieri, per la quinta ed ultima volta in un giallo di Durbridge, di cui negli anni '60 era stato praticamente il simbolo, nel ruolo dell'amico Ed Royce, e poi in ordine sparso, Luigi Montini (Tony Stewart), Gaetano Bartolucci (il sovrintendente Bromford), Andrea Checchi e Marina Berti (i coniugi Scott), Mario Carotenuto (Norman Brooks, l'ambiguo proprietario di un negozio di animali), Giuliana Lojodice (la sua amica e fotomodella Jessica) e Luisella Boni (Kay Richardson), di ritorno dopo "Melissa" in un ruolo da bella e misteriosa. A questo proposito, da una rivelazione fatta dal regista D'Anza al Radiocorriere, pare che per il ruolo di Kay Richardson fosse stata ingaggiata Alida Chelli, di lì a poco sposa di Walter Chiari, ma la Chelli, degna compagna evidentemente del suo prossimo marito, non si fece mai vedere sul set, e D'Anza apprese solo parecchi giorni dopo che si trovava in Australia dove aveva raggiunto Chiari. La parte venne quindi assegnata a Luisella Boni.

Come per "Melissa", i molti esterni di "Giocando a golf, una mattina" furono quasi interamente girati a Londra e anche stavolta le sigle, iniziale e finale, furono filmate tra le strade più popolari della capitale britannica, dalla City a Carnaby Street, nel tentativo, egregiamente riuscito secondo me, di metterne a confronto le due facce, tradizionale e moderna, con da una parte gli ingessati uomini d'affari in giacca e bombetta e gli impettiti soldati della Regina, e dall'altra i coloratissimi esponenti della gioventù londinese dell'epoca, ragazzi con lunghe basette e floride barbe e ragazze con vertiginose minigonne, mentre tra la folla si intravedevano i vari personaggi del giallo, sulle note delle musiche di Gigi Cicchellero (sua anche la canzone della sigla finale "Un impermeabile bianco" scritta con D'Anza e cantata da Paola Orlandi).

Ma anche nelle scene in interni, girate come di consueto negli studi Rai, D'Anza, con la puntuale collaborazione dello scenografo Sergio Palmieri e del costumista Ezio Altieri, si sforzò diligentemente di ricostruire l'atmosfera vivace della "Swinging London" di quegli anni, con l'allestimento di ambienti tipici come locali notturni, studi fotografici e modernissimi appartamenti arredati secondo la moda del momento, e capi d'abbigliamento, parrucche e acconciature, esibiti dalle protagoniste femminili, Luisella Boni, Giuliana Lojodice e Marina Berti, oltre che dalle molte altre bellissime modelle che abbondano nella storia.

Singolare poi la trovata di non inserire i titoli in sovraimpressione nella sigla iniziale, ma di farli recitare ad una voce narrante.

Ma come vedremo, sperimentazioni insolite nelle sigle dei gialli di Durbridge saranno impiegate anche successivamente.

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